Percentuale di copertura: L’habitat 6210* presenta un’estensione limitata e puntiforme pari all’8% dell’intera superficie del SIC che è di 519,67 ettari.
Descrizione: Si tratta di habitat tipicamente secondari, prati aridi o semiaridi, comunque asciutti e magri, spesso su substrati calcarei. Questo habitat, specialmente nelle stazioni più xeriche, talvolta correlate a microhabitat rupestri con affioramenti superficiali di rocce carbonatiche, presenta un’elevata valenza naturalistica. Esso include specie rare, numerose di Lista Rossa, oltre che un ricco contingente di orchidee. Spesso si presenta anche con cenosi di transizione ed ecotonali.
Specie guida: la specie fisionomizzante è quasi sempre Bromus erectus, ma talora il ruolo è condiviso da altre entità come Brachypodium rupestre.
Altre Specie caratteristiche sono Campanula glomerata, Carex caryophyllea, Carlina vulgaris, Crepis lacera, Dianthus carthusianorum, Eryngium amethystinum, Helianthemum apenninum, H. nummularium, Hippocrepis comosa, Petroragia sassifraga, Potentilla calabra, Sanguisorba minor, Teucrium chamaedrys, T. montanum. Tra le orchidee sono state rilevate Anacamptis pyramidalis, Dactylorhiza maculata, D. romana, D. sambucina, Orchis macula, Orchis morio, Orchis papilionacea, Orchis provincialis, Orchis purpurea, Ophrys fusca.
Distribuzione: l’habitat in Italia è presente in Piemonte, Valle d'Aosta, Liguria, Lombardia, Trentino-Alto Adige, Veneto, Emilia-Romagna, Toscana, Umbria, Marche, Lazio, Abruzzo, Molise, Campania, Puglia, Basilicata, Calabria, Sardegna di nuova segnalazione in Sicilia.
In Basilicata, ed in particolare nell’Appennino lucano, anche se spesso rappresentato da piccole radure e discontinuità del cotico erboso e con superfici piuttosto esigue, l’habitat si presenta ricco a livello floro-faunistico.
Esigenze ecologiche: l’habitat è legato a situazioni microclimatiche od orografiche abbastanza caratteristiche per l’eccessiva esposizione al vento ed assenza di bosco, spesso è il risultato di un utilizzo tradizionale (prati falciati e pascoli) che ha penalizzato il bosco e favorito le praterie.
Conservazione e protezione: tale Habitat non era riportato nel vecchio formulario per cui non si hanno dati sull’estensione precedentemente occupata.
A parte la priorità, dovuta ai soli siti ricchi di orchidee, questo habitat, specialmente nelle stazioni più xeriche, talvolta correlate a microhabitat ventosi e/o rupestri con affioramenti superficiali di rocce carbonatiche, è in buono stato di conservazione e riveste primaria valenza naturalistica per la presenza di specie ad elevato valore biogeografico e come tale, merita di essere adeguatamente conosciuto e gestito. In assenza di una gestione attiva, l’habitat è destinato ad una ulteriore riduzione.
Criticità e minacce: mantenimento di tale habitat è subordinato alle attività di sfalcio o di pascolamento del bestiame, garantite dalla persistenza delle tradizionali attività agro-pastorali ed inseriti nel contesto delle formazioni forestali a caducifoglie con dominanza di Fagus sylvatica .
La vulnerabilità resta elevata più per motivi naturali che antropici, anche se la forte regressione delle superfici soggette a falciatura sta riducendo sensibilmente la superficie dell’habitat 6210 a livello regionale.
Si tratta di Habitat vulnerabili all’invasione di specie opportunistiche che si potrebbero sostituire progressivamente agli habitat seminaturali ricchi di biodiversità.
Azioni utili per la conservazione:
- il ripristino dello sfalcio, purché tardivo in modo da rispettare i tempi di fruttificazione delle orchidee;
- pascolo di razze bovine tradizionali particolarmente resistenti;
- pascolo ovicaprino controllato;
- garantire la persistenza delle tradizionali attività agro-pastorali;
- ipotizzabile anche una gestione attiva delle aree di margine del bosco con interventi di taglio (diradamenti, conversioni, tagli a buche) atti a coltivare e a contenere il bosco contrastando l’avanzata delle specie arboree forestali verso gli spazi aperti.
Tali indicazioni gestionali potrebbero contribuire a contenere l’avanzata di specie legnose, favorire alcune specie animali e contribuire a ritardare l’evoluzione del suolo.
È necessario controllare l'eventuale invasione da parte della vegetazione arborea non autoctona (Pseudotsuga mensienzi, Pinus nigra, Robinia pseudoacacia, Cedrus atlantica ecc.), che ha un elevato potere d'invasione ed entra in concorrenza con le specie arbustive ed erbacee indigene.