Specie



Phylloscopus sibilatrix (Luì verde)

Nome volgare: Luì verde
Nome scientifico: Phylloscopus sibilatrix (Bechstein, 1793) (Ordine: Passeriformes, Famiglia: Sylviidae).
Biologia: si tratta di una delle tre specie di Phylloscopus (Luì) nidificanti regolarmente in Italia (con P. collybita Luì piccolo e P. bonelli Luì bianco). Specie di piccole dimensioni, molto attiva, con colorazione poco evidente, non facilmente osservabile per le abitudini di vita ritirate tra le fronde degli alberi. Sul campo, il riconoscimento si basa essenzialmente sulle caratteristiche canore. Specie migratrice su lunga distanza, sverna in Africa sub-sahariana. Movimenti tra fine luglio- ottobre e tra fine aprile-maggio.
Distribuzione: specie politipica a distribuzione europea. L’areale si estende su gran parte del continente europeo (Penisola iberica esclusa) e, in particolare, i settori centrale e orinetale. In Italia è nidificante (estiva) sull’arco alpino e lungo la catena appeninica, sino alla sua estrema propaggine meridionale (Aspromonte). In Basilicata la specie è frequente nelle faggete dell’Appennino, soprattutto lungo la dorsale M.te Volturino - Madonna. Di Viaggiano – M.te Pierfaone. Diffuso nelle faggete del Sirino e nel Parco Nazionale del Pollino. La sua presenza è accertata anche in alcune cerrete fresche e umide (Bosco di Montepiano presso Accettura e Bosco della Lata presso Corleto).
Habitat: specie propria di formazioni forestali d’alto fusto (faggete, ma localmente anche cerrete o castagneti puri o misti ad altre latifoglie), tendenzialmente mesofile e a copertura frondosa alta e chiusa, con scarso sottobosco e abbondante lettiera. Sul piano altitudinale, occupa tipicamente la fascia montana (tra i 700 m e i 1100/1200 m slm), localmente a quote superiori e inferiori. In Basilicata, è una delle specie caratteristiche delle fustaie di Faggio (tra 900 e 1500 m), ma nidifica anche in cerrete mature.
La specie si associa, pertanto, agli habitat 9210: Faggeti degli Appennini con Taxus e Ilex e, secondariamente, 91M0: Foreste Pannonico-Balcaniche di Cerro e Rovere.
Alimentazione: si nutre di insetti ed altri piccoli invertebrati che cattura sul fogliame oppure durante piccoli voli acrobatici.
Consistenza delle popolazioni: la popolazione europea è considerata tendenzialmente stabile, in un quadro di fluttuazioni regionali piuttosto marcate. La popolazione italiana è stimata in 10.000- 40.000 coppie con fluttuazioni e stabilità locali, ma la situazione è generalmente poco conosciuta. Non sono disponibili stime di consistenza/densità per la popolazione lucana. Sul M.te Sirino la sua presenza è stata rilevata in più del 30% delle stazioni di ascolto, nel corso di uno studio sulle ornitocenosi delle faggete.
Minacce: distruzione e frammentazione dell’habitat riproduttivo a causa di tagli boschivi indiscriminati, rimozione di tronchi morti o marcescenti, ripulitura del sottobosco. Risente dei fenomeni di desertificazione in atto nelle aree africane di svernamento (Sahel).
Conservazione e Protezione: SPEC 2; Berna All II; Bonn All. II; La specie non è inserita tra quelle cacciabili nella legislazione che regola l’attività venatoria e tutelano la fauna selvatica (Legge Nazionale n. 157/1992)
Bibliografia:
BRICHETTI P., FRACASSO G., 2010 – Ornitologia Italiana. Identificazione, distribuzione, consistenza e movimento degli uccelli italiani. 6 Sylviidae – Paradoxornithidae. Oasi Alberto Perdisa Editore, Bologna.
CRAMP S. (ed.), 1992 – Handbook of the birds of Europe, the Middle East and North Africa, The Birds of the Western Palearctic. Vol. 6, Oxford University Press, Oxford,
FULCO E., COPPOLA C., PALUMBO G., VISCEGLIA M., 2008 – Check-list degli Uccelli della Basilicata, aggiornata al 31 maggio 2008. Rivista Italiana di Ornitologia, 78: 13-27.
FULCO E., TELLINI FLORENZANO G., 2008 – Composizione e struttura della comunità ornitica nidificante in una faggeta della Basilicata. Avocetta, 32: 55-60.
HAGEMEJIER J.M. & BLAIR M.J., (Eds.) 1997 – The EBCC Atlas of European Breeding Birds: their distribution and abundance. T. & A.D. Poyser, London.

Autori: Egidio Fulco, Caterina V. Coppola



Canis lupus (Lupo)

Nome scientifico: Canis lupus Linnaeus, 1758; Mammalia, Carnivora, Canidae. In Italia vive la ssp. Canis lupus italicus Altobello, 1921 (tuttavia la validità di tale sottospecie non è unanimemente riconosciuta in campo internazionale, si veda ad es. il report sui canidi della IUCN, Sillero et al., 2004)

Nome volgare: Lupo, Lupo appenninico

Biologia: il lupo è un canide fortemente territoriale. La specie vive in unità sociali gerarchizzate e stabili (branchi, che corrispondono essenzialmente ad una unità familiari costituite da 2-7 individui) che cacciano, allevano la prole e difendono il territorio (ca. 170-420 Km2) in maniera integrata e coordinata. L’attività circadiana è prevalentemente crepuscolare e notturna. La densità della specie varia considerevolmente all’interno del suo areale (da 0,3 lupi/100 km2 a 8 lupi/100 km2). I dati disponibili per l’Italia, relativi agli anni ’70 del secolo scorso, indicavano una densità di circa 1,25 lupi/100 km2 ma attualmente, dato l’incremento demografico delle popolazioni italiane e la notevole ri-espansione in aree dalle quali era stato estinto, è sicuramente più alta (stimata in 1-3,5 lupi/100 km2 in Appennino settentrionale, Toscana, Abruzzo-Molise-alto Lazio, Basilicata-Calabria)

Distribuzione: il lupo era il mammifero selvatico a più ampia distribuzione: nell’emisfero settentrionale dai 15°N di latitudine (in Nord America) ai 12°N in India. Tuttavia il suo areale originario si è fortemente contratto a causa della pressione antropica, estinguendosi in molte nazioni dell’Europa centro-occidentale, in Messico e nella maggior parte degli USA. La distribuzione in Italia copre l’intera cordigliera appenninica, compresi massicci e nuclei montuosi e collinari in realtà separati dall’Appennino (es. M. Amiata, A. Apuane, M. Lepini, Murgia appulo-lucana, Gargano) e (da circa due decenni, dopo quasi un secolo di assenza) le Alpi Occidentali fino a raggiungere in tempi recentissimi quelle Centrali (Lombardia). Distribuzione nel SIC qui

Habitat: la specie è ampiamente adattabile e flessibile, come dimostra la sua diffusione, ed è capace di utilizzare ecosistemi estremamente differenti, dalla tundra artica ai deserti medio-orientali. In Italia la specie è diffusa prevalentemente in aree montane e submontane, dove la presenza antropica è ridotta, l’agricoltura non intensiva e la copertura boschiva (compresa la macchia mediterranea) ampia. La distribuzione altitudinale va dal livello del mare ai 2500 metri.

Alimentazione:  il regime alimentare è opportunista, estremamente vario ed adattabile alle risorse trofiche disponibili: Sus scrofa, Capreolus capreolus, Cervus elaphus, Dama dama, animali domestici e piccoli vertebrati e invertebrati, nonché vegetali e carcasse.

Consistenza delle popolazioni: dopo il minimo storico toccato negli anni ’70 del secolo scorso (ca. 100 individui sul territorio nazionale), si è assistito, grazie all’impegno conservazionistico, ad una progressiva fase di incremento demografico ed attualmente la popolazione italiana può essere stimata in almeno 800-1000 esemplari. Non esistono dati e stime per la regione Basilicata che comunque risulta essere una delle regioni in cui la presenza delle specie è particolarmente abbondante.

Minacce:

Dirette:

1)    Incidenti stradali (prevalentemente giovani) determinati dal fatto che saturati territorialmente gli ambienti ottimali i sub-adulti tendono a ricercare nuove aree da colonizzare, finendo inesorabilmente in ambienti più antropizzati (strade) ed ecologicamente meno idonei;

2)    Uso di veleno (non solo direttamente anti-lupo, ma anche utilizzato, per es., contro cani di tartufai concorrenti e contro altri Carnivori)

3)    Abbattimenti illegali durante esercizio venatorio e come rivalsa da parte di allevatori danneggiati

Indirette:

1)    Randagismo canino (cani vaganti, randagi, inselvatichiti). La competizione avviene principalmente su tre fronti: l’alimentazione, la riproduzione e lo spazio.

2)    Disturbo e distruzione degli habitat, causato dall’abbattimento dei boschi o dal loro sfoltimento, dalla massiccia presenza attività antropiche (es. turismo invernale, attività boschive) in alcune aree montane.

3)    Scomparsa delle prede naturali, a causa delle distruzione degli habitat per far posto ai pascoli per le greggi ed a causa della caccia diretta da parte dell’uomo. Questa causa è oggi in forte riduzione grazie alle reintroduzioni e ripopolamenti di Ungulati selvatici che risultano in forte incremento e sempre più diffusi, sia in Appennino che nelle aree “satellite” citate.

4)    Conflitto con le attività zootecniche. In situazioni di assenza di prede naturali selvatiche, aumenta la pressione del lupo sulle greggi.

5)    Ostilità tradizionale delle popolazioni locali basata generalmente su luoghi comuni di presunta pericolosità.

6)    Rabbia silvestre (oggi minaccia solo potenziale).

Livello di minaccia nel SIC:

Conservazione e Protezione: è una specie “protetta”, inserita negli allegati II e IV della dir. 92/43/CEE, nella convenzione di Berna (app. II), negli allegati A e B della CITES, nella legge nazionale sulla protezione della fauna omeoterma e sulla caccia L. 157/92. Tra le categorie di minaccia stilate dalla IUCN la specie è considerata Least Concern.

 Autore : Antonio Romano & Giorgio Boscagli



Malus florentina (Melo ibrido)

Nome scientifico: fam. ROSACEAE - Malus florentina (Zuccagni) Schnaider

Nome volgare: Melo ibrido

Biologia: Pianta legnosa cespitosa. Fiorisce a maggio.

Distribuzione: NE-Steno-Medit. Endemismo Italo-balcanico, cresce in boschi mesofili sino a circa 1200 m s.l.m. Dai dati di letteratura e dai rilievi storici si rileva che la specie è presente in maniera sporadica in Basilicata. Indicazioni nel SIC

Ecologia: predilige terreni argillosi e soleggiati.

Habitat e/o biotopo elettivo/i all’interno del SIC: Codice Corine biotopes  41.75 - Southern Quercus cerris-Q. frainetto woods (Melitto-Quercion frainetto) codice Habitat 91M0: Foreste Pannonico-Balcaniche di cerro e rovere.

Minacce: minacciata soprattutto a causa di errati interventi selvicolturali,  eccessivo carico di ungulati, accesso di mezzi motorizzati nella rete senti eristica, carico turistico in aumento.

C’è il rischio della perdita di diversità biologica a seguito del mancato monitoraggio dell’evoluzione dei soprassuoli forestali allo scopo di controllarne la progressione degli stadi per decidere, di volta in volta, quale strategia gestionale intraprendere per tutelare la biodiversità.

Livello di minaccia nel SIC: alto

Conservazione e protezione: specie di grande rilevanza biogeografica.

Sarebbe auspicabile il mantenimento di elevati livelli di diversità del mosaico ambientale, con i diversi stadi delle successioni vegetazionali ben rappresentati, conservazione della continuità e integrità della matrice boscata con  incremento del valore naturalistico delle formazioni forestali, favorendo un aumento della maturità nelle stazioni più idonee e mantenendo una presenza significativa dei diversi stadi delle successioni.

Adozione di opportune misure normative o di informazione e sensibilizzazione.