Abetina di Ruoti


Carta di identità del sito

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Nome Abetina di Ruoti
Codice IT9210010
Tipo B
Estensione 162,01 ha
Comuni
Province
Habitat (All. 1 Dir. 92/43/CEE): 9220*, 92A0, 9180*, 91M0, 6210(*) dettagli   »
Specie (All. 2 Dir. 92/43/CEE e all.1 dir. 79/409/CEE): Abies alba Mill. (Abete bianco), Acer pseudoplatanus L. (Acero montano), Acer neapolitanum Ten. (Acero napoletano), Ilex aquifolium L. (Agrifoglio), Strix aluco (Allocco) dettagli   »
Note

Habitat All. 1 Dir. 92/43/CEE

Abetina di Ruoti

9220* - Faggeti degli Appennini con Abies alba e faggete con Abies nebrodensis

92A0 - Foreste a galleria di Salix alba e Populus alba

9180* - Foreste di versanti, ghiaioni e valloni del Tilio-Acerion

91M0 - Foreste Pannonico-Balcaniche di cerro e rovere

6210(*) - Formazioni erbose secche seminaturali e facies coperte da cespugli su substrato calcareo (Festuco-Brometalia) (*stupenda fioritura di orchidee)

Specie All. 2 Dir. 92/43/CEE e all.1 dir. 79/409/CEE

Abetina di Ruoti

Abies alba Mill. (Abete bianco)

Acer pseudoplatanus L. (Acero montano)

Acer neapolitanum Ten. (Acero napoletano)

Ilex aquifolium L. (Agrifoglio)

Strix aluco (Allocco)

Otus scops (assiolo)

Tragopogon eriospermus Ten. (Barba di Becco violetta)

Hierophis viridiflavus (Biacco)

Crataegus laevigata (Poir.) DC. (Biancospino selvatico)

Natrix natrix (Biscia dal collare)

Galanthus nivalis L. (Bucaneve)

Teucrium siculum (Raf.) Guss. (Camedrio siciliano)

Sylvia atricapilla (Capinera)

Lonicera caprifolium L. (Caprifoglio comune)

Carduelis carduelis (Cardellino)

Cephalanthera damasonium (Mill.) Dr (Cefalantera bianca)

Cyclamen hederifolium Aiton (Ciclamino napoletano)

Parus major (Cinciallegra)

Parus caeruleus (Cinciarella)

Athene noctua (Civetta)

Aegithalos caudatus (Codibugnolo)

Columba palumbus (colombaccio)

Cuculus canorus (cuculo)

Euphorbia corallioides L. (Euforbia corallina)

Martes foina (Faina)

Limodorum abortivum (L.) Sw. (Fior di legna)

Regulus ignicapillus (Fiorrancino)

Physospermum verticillatum (Waldst. et Kit.) Vis. (Fisospermo verticillato)

Fringilla coelebs (fringuello)

Euonymus verrucosus Scop. (fusaggine rugosa,fusaria rugosa)

Garrulus glandarius (Ghiandaia)

Glis glis (Ghiro)

Iris lorea Janka (Giaggiolo meridionale)

Arum maculatum L. (Gigaro scuro)

Lilium bulbiferum L. subsp. croceum (Chaix) Jan (Giglio rosso, giglio di San Giovanni, Giglio salvatico)

Merops apiaster (gruccione)

Linaria purpurea (L.) Mill. (Linaria o linajola purpurea)

Podarcis muralis (Lucetola muraiola)

Phylloscopus collybita (Luì piccolo)

Phylloscopus sibilatrix (Luì verde)

Turdus merula (merlo)

Muscardinus avellanarius (Moscardino)

Milvus milvus (Nibbio reale)

Neottia nidus-avis (L.) Rich. (Nido d'uccello)

Ophrys fusca Link (Ofride scura)

Ulmus glabra (Olmo di montagna)

Dactylorhiza maculata (L.) Soó (Orchide macchiata)

Orchis purpurea Huds. (Orchide maggiore)

Orchis mascula (L.) L. (Orchide maschia)

Anacamptis pyramidalis (L.) Rich. (Orchide piramidale)

Erithacus rubecula (pettirosso)

Sitta europaea (Picchio muratore)

Dendrocopos major (Picchio rosso maggiore)

Picus viridis (Picchio verde)

Platanthera bifolia (L.) Rchb. (Platantera comune)

Buteo buteo (Poiana comune)

Pulmonaria apennina Cristof. et Pup (Pulmonaria degli Appennini)

Ruscus aculeatus L. (Pungitopo)

Lacerta bilineata (Ramarro occidentale)

Certhia brachydactyla (Rampichino)

Rana dalmatina (Rana agile)

Rana italica (Rana italica)

Ranunculus millefoliatus Vahl (Ranuncolo millefoglio)

Oriolus oriolus (rigogolo)

Rumex sanguineus L. (Romice sanguineo)

Bufo bufo (Rospo comune)

Salamandrina terdigitata (Salamandrina dagli occhiali)

Salix apennina A. K. Skvortsov (Salice dell'Appennino)

Troglodytes troglodytes (Scricciolo comune)

Serapias vomeracea (Burm.) Briq. (Serapide maggiore)

Silene italica (L.) Pers. (Silene italiana)

Accipiter nisus (Sparviere)

Stachys sylvatica L. (Stregona dei boschi, Matricale, betonica dei boschi, erba giudaica)

Stachys heraclea All. (Stregona ventrazza)

Caprimulgus europaeus (Succiacapre)

Talpa romana (Talpa romana)

Tilia platyphyllos Scop. (Tiglio nostrano)

Eliomys quercinus (Topo quercino)

Turdus viscivorus (Tordela)

Lullula arborea (Tottavilla)

Bombina variegata (Ululone a ventre giallo)

Luscinia megarhynchos (Usignolo)

Serinus serinus (Verzellino)

Emberiza cirlus (Zigolo nero)



Il SIC  Abetina di Ruoti, identificato , è situato interamente  nel comune di Ruoti tra la S.P 7 e il bivio per il comune di Avigliano. L’importanza del sito è dovuta alla presenza di popolazioni relitte di abete bianco di notevole importanza sul piano della conservazione del germoplasma.  Già nel 1971 la Società Italiana di Botanica (SBI) censì l’abetina di Ruoti come biotopo di rilevante interesse vegetazionale e conservazionistico  per la  presenza nell’area di nuclei di abete bianco autoctono. L’Abetina di Ruoti è un bosco che, fino agli anni ’30 veniva descritto dal Gavioli (1934)come “un bosco quasi puro di Abies alba, ricco di magnifici e colossali esemplari”. Le successive utilizzazioni hanno determinato la riduzione delle aree con presenza di abete bianco e una maggiore presenza del cerro. Il sottobosco è ricco di specie arbustive ed erbacee fra le quali anche specie  rare ed endemiche.

Particolarità del sito è che l’abete bianco vegeta in cenosi miste con il cerro, mentre risulta rara la presenza del faggio. Già in documenti del 1848 si sottolineava la rarefazione del faggio che, nel corso dei rilievi, è stato riscontrato in una sola stazione. L’abete bianco è diffuso in quasi tutta l’area SIC con esemplari isolati  anche di notevoli dimensioni  e/o biogruppi stratificati e presenta un buon grado di rinnovazione  naturale.

 IL TERRITORIO

L’area del SIC “ Abetina di Ruoti” ricade interamente nel bacino idrografico del Sele.  Ha  una estensione di circa 162 ha e una altitudine compresa fra 841 e 1055 m slm. L’esposizione prevalente è nord-ovest con una pendenza dei versanti variabile. Dal punto di vista pedologico l’area del SIC ricade nella regione pedologica 61.1 “Regione dei Cambisols-Regosols con Luvisols dell’Italia orientale” i cui materiali parentali sono rocce sedimentarie terziarie (flysc marnosi,  argillosi e arenacei). Parte del SIC ricade nella provincia pedologica 7 “Suoli dei rilievi centrali a morfologia ondulata” a substrato costituito da rocce sedimentarie terziarie: alternanza di formazioni tardo-mioceniche di natura marnoso-arenacea, con formazioni plioceniche di natura sabbioso-argillosa. Di questa provincia pedologica fanno parte anche molte formazioni a litologia argillosa come la argille varicolori (Codice M1-O3 della Carte Geologica Nazionale: “Complesso di Argille Vari colori”). Queste argille presentano una tendenza all’instabilità per movimenti superficiali ( colate fangose) che per movimenti più  profondi (franosi). I suoli sono a tessitura moderatamente fine franco-argillosa ricchi di sostanza organica.

 IL CLIMA

Per la descrizione climatica dell'area si è fatto riferimento ai dati termopluviometrici della stazione di Avigliano (910m s.l.m.), per un periodo di osservazione che va dal 1926 al 1984. I dati relativi ai valori delle temperature e della piovosità sono riportati nelle seguenti tabelle.

 Tabella 1.1 - Valori delle temperature

 

°C

Media annua

11,9

Media del mese più freddo

3,3

Media del mese più caldo

21,4

Media dei minimi annui

-7,4

Escursione termica annua

18,1

Tabella  1.2 - Piovosità media annua-stagionale e giorni piovosi

 

P (mm)

g.p.

Media annua

 981

96

Medie stagionali:

 

 

Inverno

331

33

Primavera

246

27

Estate

121

11

Autunno

283

25

P = piovosità in mm;   g.p = n° giorni piovosi

Il mese di massima piovosità è novembre con 122 mm di pioggia distribuiti in 10 giorni, quello di minima piovosità è agosto con 34 mm.

Considerando l’indice di aridità di De Martonne per  l’area del SIC ( circa 45) si evince che l’area in esame ricade nella zona umida ( fascia 30-60).

Dal punto di vista della classificazione fitoclimatica l’area ricade nella zona del Castaneum del Pavari sottozona fredda del 1° tipo

 

 

Già nel 1971 la Società Italiana di Botanica (SBI) censì l’abetina di Ruoti come biotopo di rilevante interesse vegetazionale e conservazionistico  per la  presenza nell’area di nuclei di abete bianco autoctono. L’importanza del sito è, ancora oggi, dovuta alla presenza di popolazioni relitte di abete bianco di notevole importanza sul piano della conservazione del germoplasma. Particolarità del sito è che l’abete bianco vegeta in cenosi miste con il cerro, mentre risulta rara la presenza del faggio. Già in documenti del 1848 si sottolineava la rarefazione del faggio che, nel corso dei rilievi, è stato riscontrato in una sola stazione. L’abete bianco è diffuso in quasi tutta l’area SIC con esemplari isolati  anche di notevoli dimensioni  e/o biogruppi stratificati e presenta un buon grado di rinnovazione  naturale. Rinnovazione che andrebbe però favorita con opportuni interventi selvicolturali.

L’Abetina di Ruoti, insieme all’ Abetina di Laurenzana , rappresenta attualmente uno dei nuclei relitti di abete bianco presenti in Basilicata. L’area è per oltre circa l’80% ( riferendoci all’area con gli allargamenti proposti) coperta da habitat naturali di interesse comunitario  fra i quali due considerati prioritari:  il 9220*, che ricopre il 61,26 del SIC considerando anche l’area di ampliamento, e il 9180* (Foreste di versanti, ghiaioni e valloni del Tilio-Acerion ) che ne occupa circa il 2,5%. Nelle tabelle seguenti vengono indicati gli habitat individuati e la  relativa % di copertura.

Un elemento da menzionare, in quanto  potenziale  disturbo per il mantenimento di questo nucleo di abete bianco autoctono, è la presenza nel SIC di un nucleo di rimboschimento a conifere. Negli anni ’80 venne infatti realizzato un rimboschimento nell’area Nord-Ovest del SIC. Questo nucleo, limitrofo all’area coltivata, pur essendo molto circoscritto e di piccola superficie (circa 1 ha) è costituito da conifere quali: abete greco e abete bianco non autoctono. Quest’ultimo, da informazioni bibliografiche e testimonianze di attori locali, sarebbe proveniente da vivai toscani. La presenza  di abete greco e di abete bianco non autoctono può influenzare negativamente la conservazione del germoplasma locale. E’ possibile infatti una contaminazione delle popolazioni locali con i rimboschimenti:”Dalla letteratura risultano casi di di popolazioni relitte di abete bianco del Matese (Banti, 1937, 1939; Mancini, 1982) e di abete rosso di Campolino (Magini e Giannini, 1977) la cui integrità genetica è minacciata rispettivamente dalla presenza di popolamenti antropici di abete greco nel primo caso e di abete rosso di provenienza boema nel secondo”. Potrebbero realizzarsi casi di ibridazione interspecifica, come ipotizzato anche per l’Abies nebrodensis in presenza di abeti esotici congeneri, che costituirebbero una potenziale  minaccia dell’integrità genetica dei popolamenti autoctoni. Un approfondimento di quest’aspetto, circa l’entità e la significatività del rischio e i mezzi di contenimento, potrà essere realizzato nella fase di progettazione delle  misure di conservazione.

FLORA:

Dal punto di vista floristico nel SIC si segnala la presenza di taxa di notevole interesse conservazionistico e biogeografico con specie endemiche (motivazione B) come: Acer neapolitanum Ten., Euphorbia corallioides L., Linaria purpurea (L.) Mill., Pulmonaria apennina Cristof. et Puppi, Salix apennina A. K. Skvortsov, Teucrium siculum (Raf.) Guss., Tragopogon eriospermus Ten. Da evidenziare ancora la presenza di specie protette a livello internazionale (motivazione C), riportate in CITES o nell’allegato V della Dir. 92/43 CEE, rappresentate da diverse Orchidaceae come: Anacamptis pyramidalis (L.) Rich., Cephalanthera damasonium (Mill.) Druce, Dactylorhiza maculata (L.) Soó, Neottia nidus-avis (L.) Rich., Ophrys fusca Link,  Orchis mascula (L.) L., Orchis purpurea Huds., Platanthera bifolia (L.) Rchb., Serapias vomeracea (Burm. fil.) Briq. nonché da  Cyclamen hederifolium Aiton, Galanthus nivalis L. Ruscus aculeatus L. Le specie protette a livello regionale (DPGR 55/2005) (motivazione D) sono tutte le orchidee, insieme con Abies alba Mill., anche citato nelle Liste regionali, oltre a: Ilex aquifolium L., Lilium bulbiferum L. subsp. croceum (Chaix) Jan, Tilia platyphyllos Scop. Ulmus glabra Huds. Il SIC infine vanta la presenza di un notevole novero di specie rare e/o significative ai fini della caratterizzazione degli habitat (motivazione D) come: Acer pseudoplatanus L., Arum maculatum L., Crataegus laevigata (Poir.) DC. Euonymus verrucosus Scop., Iris lorea Janka, Lonicera caprifolium L., Physospermum verticillatum (Waldst. et Kit.) Vis., Ranunculus millefoliatus Vahl, Rumex sanguineus L., Salix apennina A. K. Skvortsov, Silene italica (L.) Pers., Stachys heraclea All., Stachys sylvatica L.

FAUNA:

La fauna presente è quella tipica delle piccole formazioni forestali con poche specie strettamente legate alle cenosi boschive. Spicca comunque la presenza in sintopia di Lissotriton italicus, di Bombina pachypus, di Salamandrina terdigitata, di Rana italica e Rana dalmatina. La buona disponibilità di acqua e di prede determina anche la presenza di Natrix natrix.

Molti sono i documenti storici disponibili presso l’Archivio di Stato di Potenza  che permettono di affermare che l’Abetina di Ruoti era anticamente molto estesa e che, almeno fino agli anni trenta,” l’abete costituiva un popolamento con piante di dimensioni tali da consentire alle persone di attraversarlo camminando sui rami”. Oltre alla già citata ricerca del Gavioli, esistono numerose testimonianze storiche precedenti che evidenziano che il luogo denominato “abietina” fosse “ricoperto dappertutto unicamente di bellissimi abeti “. Fra i botanici che si interessarono dell’area vanno citati Tenore e Gussone, della Reale Accademia delle Scienze di Napoli,  che nel corso di rilievi realizzati nel 1838 evidenziarono la presenza in questa area di “abeti bellissimi e del piu’ grande pregio per le costruzioni navali e civili”. Una approfondita raccolta della documentazione storica relativa all’area Sic è presente nei lavori di tirocinio e di Tesi di laurea, rispettivamente di Palladino M. e Gentilesca T.

Tra la fine degli anni trenta e il decennio successivo la maggior parte delle piante di abete furono tagliate dando così spazio ai  seminativi e all’espansione del cerro. A queste utilizzazioni non attente del passato sono “sopravvissuti” diversi gruppi di piante e anche molte piante vetuste. Questa situazione, unita a favorevoli condizioni di clima e umidità dell’area, ha permesso che si realizzasse, in alcune zone, una abbondante rinnovazione dell’abete permettendo così il mantenimento di questo importante nucleo di abete autoctono.

Per quanto attiene l’attuale uso del suolo, come riportato nella tabella 1.4, riferita all’area con gli allargamenti proposti, circa l’80% della superficie del SIC è occupata da habitat di interesse comunitario (All. I della Direttiva 92/43/CEE) e la quasi totalità di questa superficie è coperta da formazioni forestali.

Una significativa parte del SIC, pari al 17,90% è interessata da attività agricole quali colture cerealicole-foraggere estensive  (12,53%) e colture orticole (5,37). L’agricoltura praticata nell’area, per i cui dettagli si rimanda al paragrafo sulla componente agro-zootecnica, è un’agricoltura di tipo tradizionale attuata, essenzialmente per l’autoconsumo, dai nuclei familiari che vivono nell’area.  La si può pertanto considerare a basso impatto, o addirittura favorevole ai fini dell’obiettivo di conservazione dell’area ( es: presidio del territorio ). Inoltre, dalle osservazioni fatte durante i rilievi, e dalle fotointerpretazioni di ortofoto di relative ad anni differenti, non si evidenziano situazioni di cambiamento d’uso del territorio a favore dell’agricoltura (es: disboscamenti a vantaggio dei seminativi). Anche l’utilizzazione del bosco è limitata, come evidenziato nel paragrafo 4.3 del formulario standard, alla sola utilizzazione dei prodotti del sottobosco e a tagli a scelta a carico del cerro.

Questa situazione di “equilibrio” nell’uso del bosco va comunque controllata ma certamente, viste anche le diverse condizioni socio-economiche rispetto ai decenni precedenti, che hanno portato ad una riduzione della pressione demografica nelle aree rurali e ad una riduzione dell’uso di legna come combustibile e/o come unica risorsa economica delle famiglie contadine è ipotizzabile che la pressione antropica e dell’agricoltura nell’area SIC non costituiranno fattore di vulnerabilità dell’area.

 

Tabella 1.4 : Uso del suolo nel SIC

Tipi di habitat

 

 % coperta

 

Brughiere, boscaglie, macchia, garighe, frigane

 

 

1

,

3

8

Praterie aride, steppe

 

 

 

 

 

 

Praterie umide, praterie di mesofite

 

 

2

,

3

5

Praterie alpine e subalpine

 

 

 

 

 

 

Colture cerealicole estensive (incluse le colture in rotazione con maggese regolare)

 

1

2

,

5

3

Risaie

 

 

 

 

 

 

Praterie migliorate

 

 

 

 

 

 

Altri terreni agricoli

 

 

5

,

3

7

Foreste di caducifoglie

 

1

6

,

5

8

Foreste di conifere

 

 

 

 

 

 

Foreste di sempreverdi

 

 

 

 

 

 

Foreste miste

 

6

0

,

3

3

Impianti forestali a monocoltura (inclusi pioppeti o specie esotiche)

 

 

0

,

9

3

Arboreti (inclusi frutteti, vivai, vigneti e dehesas)

 

 

 

 

 

 

Habitat rocciosi, detriti di falda, aree sabbiose, nevi e ghiacciai perenni

 

 

0

,

1

9

Altri (inclusi abitati, strade, discariche, miniere e aree industriali)

 

 

0

,

3

4

COPERTURA TOTALE HABITAT

1

0

0

,

0

0