Bosco Mangarrone (Rivello)


Carta di identità del sito

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Nome Bosco Mangarrone (Rivello)
Codice IT9210045
Tipo C
Estensione 369,52 ha
Comuni
Province
Habitat (All. 1 Dir. 92/43/CEE): 9210*, 9340, 9180*, 91M0, 6210(*) dettagli   »
Specie (All. 2 Dir. 92/43/CEE e all.1 dir. 79/409/CEE): Acer obtusatum W. et K. (Acero d'Ungheria), Circus cyaneus (Albanella reale), Strix aluco (Allocco), Microtus brachycercus (Arvicola dei pini di Calabria), Lanius collurio (Avèrla piccola) dettagli   »
Note

Habitat All. 1 Dir. 92/43/CEE

Bosco Mangarrone (Rivello)

9210* - Faggeti degli Appennini con Taxus e Ilex

9340 - Foreste di Quercus ilex e Quercus rotundifolia

9180* - Foreste di versanti, ghiaioni e valloni del Tilio-Acerion

91M0 - Foreste Pannonico-Balcaniche di cerro e rovere

6210(*) - Formazioni erbose secche seminaturali e facies coperte da cespugli su substrato calcareo (Festuco-Brometalia) (*stupenda fioritura di orchidee)

Specie All. 2 Dir. 92/43/CEE e all.1 dir. 79/409/CEE

Bosco Mangarrone (Rivello)

Acer obtusatum W. et K. (Acero d'Ungheria)

Circus cyaneus (Albanella reale)

Strix aluco (Allocco)

Microtus brachycercus (Arvicola dei pini di Calabria)

Lanius collurio (Avèrla piccola)

Tyto alba (barbagianni)

Scolopax rusticola (Beccaccia)

Hierophis viridiflavus (Biacco)

Elaphe quatuorlineata (Cervone)

Parus caeruleus (Cinciarella)

Sus scrofa (Cinghiale)

Phoenicurus phoenicurus (Codirosso)

Columba palumbus (colombaccio)

Crocidura suaveolens (Crocidura minore)

Crocidura leucodon (Crocidura ventre bianco)

Cuculus canorus (cuculo)

Martes foina (Faina)

Pernis apivorus (Falco pecchiaiolo)

Fringilla coelebs (fringuello)

Falco tinnunculus (gheppio comune)

Lepus europaeus (Lepre europea)

Podarcis sicula (Lucertola campestre)

Podarcis muralis (Lucetola muraiola)

Phylloscopus collybita (Luì piccolo)

Phylloscopus sibilatrix (Luì verde)

Canis lupus (Lupo)

Muscardinus avellanarius (Moscardino)

Suncus etruscus (Mustiolo)

Narcissus radiflorus Salisb. (Narciso a fiori raggiati)

Ophrys fuciflora s.l. (Ofride dei fuchi)

Orchis quadripunctata Cyrillo ex Ten. (Orchide a quattro punti)

Orchis simia Lam. (Orchide omiciattolo)

Dactylorhiza sambucina (L.) (Orchide sambucina)

Erithacus rubecula (pettirosso)

Sitta europaea (Picchio muratore)

Dendrocopos major (Picchio rosso maggiore)

Dendrocopos minor (Picchio rosso minore)

Picus viridis (Picchio verde)

Buteo buteo (Poiana comune)

Hyla intermedia (Raganella italiana)

Lacerta bilineata (Ramarro occidentale)

Certhia brachydactyla (Rampichino)

Rana italica (Rana italica)

Erinaceus europaeus (Riccio europeo)

Oriolus oriolus (rigogolo)

Salamandrina terdigitata (Salamandrina dagli occhiali)

Troglodytes troglodytes (Scricciolo comune)

Accipiter nisus (Sparviere)

Meles meles (Tasso)

Apodemus sylvaticus (Topo selvatico)

Apodemus flavicollis (Topo selvatico collo giallo)

Sorex samniticus (Toporagno appenninico)

Sorex minutus (Toporagno nano)

Jynx torquilla (Torcicollo)

Turdus philomelos (tordo bottaccio)

Viola aethnensis (DC.) Strobl (Viola dell'Etna)

Crocus longiflorus Raf. (Zafferano autunnale)



Il sito comprende un’ampia area forestata della parte alta, versante idrografico destro, della valle del fiume Noce. La vegetazione potenziale è costituita da querceti misti a dominanza di cerro. Nei valloni le caratteristiche microclimatiche favoriscono la presenza di boschi mesofili di faggio anche a quote relativamente basse che entrano in contatto con la lecceta.

Nei valloni più accidentati si rilevano boschi di forra caratterizzati dalla presenza di Corylus avellanaOstrya carpinifolia.

IL TERRITORIO

Il sito si estende in un’area che rappresenta la propaggine sud-occidentale del sistema montuoso Sirino-Papa. Da un punto di vista idrologico con le sue due vette, del monte Sirino (1907 m) e del monte Papa (2005 m), questo massiccio segna lo spartiacque appenninico tra i bacini dei fiumi Agri e Sinni ad est e dei fiumi Calore e Noce ad ovest. Esso è costituito essenzialmente da rocce calcaree risalenti al Triassico, con intercalazioni di scisti marnosi e argillosi e di depositi di arenarie.

Il sito è compreso tra i 760 e i 1200 m di quota, delimitato a nord dalla cima di Manca del Conte (1080 m), a sud e a est da due valloni che confluiscono più a valle nel Fiume Noce.

A nord-est segue il confine regionale Basilicata-Campania ed è confinante con il SIC IT8050022 Montagne di Casalbuono, che si estende interamente in territorio campano.

IL CLIMA

Il clima dell’area vasta è tipicamente mediterraneo, si però una piovosità accentuata anche a quote basse (1247 mm per Maratea a 300 m s.l.m., 1829 per Trecchina a 500 m s.l.m.). Questo dato è in relazione alla morfologia dell’area caratterizzata dai rilievi costieri che provocano la risalita dell’aria umida proveniente dal mare favorendone  le precipitazioni abbondanti.

Il sito comprende un’ampia area forestata nella parte alta del bacino idrografico del fiume Noce. La vegetazione potenziale è costituita da querceti misti a dominanza di cerro. Si tratta di foreste che per la loro ecologia e composizione floristica possono essere riferite al Physospermo verticillati-Quercetum cerridis, associazione che include le cerrete tendenzialmente xerofile su substrati calcarei a quote comprese tra i 500 e i 1200 m s.l.m. I boschi sono in gran parte ben conservati e con un ricco corteggio floristico. Al cerro si trovano spesso associati Acer opalus ssp. obtusatum, Acer campestre, Quercus virgiliana, Fagus sylvatica, Ostrya carpinifolia.

Tali boschi possono essere riferiti all’habitat d’importanza comunitaria 91M0 “Foreste Pannonico-Balcaniche di cerro e rovere”. Questo habitat, di nuova introduzione nella Direttiva Habitat, è stato proposto per i querceti decidui della Penisola Balcanica e successivamente allargato anche agli aspetti simili presenti nell’Appennino meridionale. Particolarmente significative sono alcune formazioni forestali in cui la specie dominante è rappresentata da Acer opalus ssp. obtusatum. Questi boschi, riferiti all’associazione Seslerio-Aceretum obtusati, sono in genere tipici degli ambienti di forra e favoriti da condizioni di umidità elevate. Nel sito tuttavia si rinvengono anche su superfici non particolarmente incassate. Molto probabilmente questa situazione, insieme anche alla frequenza di faggete a quote relativamente basse, è favorita dalle particolari caratteristiche microclimatiche di questo territorio.  

Nel sottobosco è rilevante la presenza di alcuni endemismi come Crocus longiflorus, endemica dell’Appennino meridionale, e Buglossoides calabra, rinvenuta al margine del sito (territorio campano), ma probabilmente presente anche all’interno.

Nei valloni le caratteristiche microclimatiche favoriscono la presenza di boschi mesofili di faggio anche a quote relativamente basse che entrano in contatto con la lecceta e con il querceto deciduo.   

Nei valloni più accidentati si rilevano boschi di forra caratterizzati dalla presenza di Corylus avellanaOstrya carpinifolia, Alnus cordata. Si tratta di boschi meso-igrofili endemici dell’Italia meridionale caratterizzati dalla presenza di specie ad areale mediterraneo (Ostrya carpinifolia, Festuca exaltata, Cyclamen hederifolium, Asplenium onopteris) e specie endemiche dell’Italia meridionale (Acer obtusatum ssp. neapolitanum), riferibili all’alleanza Tilio-Ostryon. Questa tipologia forestale corrisponde all’habitat 9180* Foreste di versanti, ghiaioni e valloni del Tilio-Acerion, descritta per la regione continentale, ma a cui sono riferiti anche gli aspetti dell’Italia meridionale caratterizzati dalla presenza di specie ad areale mediterraneo.

Nel settore meridionale del sito prevale il bosco a Quercus ilex, un tipico esempio di lecceta submontana interna caratterizzata dalla prevalenza di sclerofille a cui però si mescolano elementi più mesofili come il biancospino (Crataegus monogyna).

Le poche superfici non forestate sono quelle in cui l’affioramento roccioso non consente l’evoluzione della vegetazione e sono caratterizzate da garighe con un ricco corteggio floristico, in cui a tratti domina Salvia officinalis. Tali formazioni sono state descritte  recentemente per alcune aree limitrofe al sito e inquadrate nell’associazione Elaeoselino asclepi-Salvietum officinalis (Cutini et al., 2007) nell’ambito della classe dei Festuco-Brometea e costituiscono un aspetto peculiare dell’habitat 6210.  Oltre alla salvia, altre specie rilevate sono Satureja montana, Seseli viarum, Chaenorhinum minus, Teucrium montanum, Petrorhagia saxifraga, Marrubium vulgare, ecc. 

Di particolare rilevanza sul piano della teriocenosi la frequentazione del lupo (che però, apparentemente, non utilizza il sito per riproduzione) e la presenza di tutti i Mustelidi (ad eccezione della lontra). La presenza di antichi pozzi di riserva idrica e fontanili, nonché una diffusa rete di ruscelli e sorgenti facilita il mantenimento di Salamandrina terdigitata e Lissotriton italicus. Cinghiale, Lepre e Micromammiferi sono riportati e classificati D  per la loro valenza gestionale ed ecologica: il suide e la lepre quali prede per il lupo e i micromammiferi quali prede riscontrate dei rapaci notturni rilevati. Le aree coltivate a graminacee specialmente a W-S-W risultano assai interessanti per le nidificazioni di Albanella reale, ma anche come siti di caccia per Averla piccola.

Il sito detiene anche notevoli testimonianze e vestigia di interesse culturale (aie in pietra molto ben conservate).

Le caratteristiche di marcato isolamento del complesso montuoso boscato che costituisce il SIC  e la sostanziale scarsa accessibilità (vie di accesso tutte sterrate) permettono di considerare altamente probabile la presenza delle specie che seguono, segnalate da frequentatori abituali  sottoposti  a test di attendibilità . 

L’ “isolamento logistico” del sito appare sicuramente un valore da mantenere, ma considerata la  (apparentemente) scarsa o assoluta mancanza di controllo da parte della Polizia Provinciale ciò determina assai probabilmente anche una certa facilitazione al bracconaggio (frequente rinvenimento di bossoli “freschi” al di fuori del periodo venatorio, tracce di fuoristrada ubiquitarie).

Una particolare attenzione va posta anche al controllo dei tagli abusivi e alla tutela e mantenimento sia delle rimanenze ruderali (preziose per i rapaci notturni) che degli antichi pozzi in pietra (supporto fondamentale per salamandrine e tritoni).

 

FLORA:

Dal punto di vista floristico nel sito non si rilevano specie d’intesse comunitario. Tutta l’area risulta comunque essere scarsamente investigata e ulteriori indagini potranno evidenziare altre presenze floristiche significative. Come specie vegetali d’interesse conservazionistico si possono evidenziare: Poligala major Jacq., Narcissus radiiflorus Salisb., Ilex aquifolium L. – specie rare; Crocus longiflorus Rafin., endemica dell’Appennino meridionale, Viola aetnensis Parl.  Rafin., molto probabilmente si tratta della sottospecie messanensis, rara in Basilicata ed inserita tra le specie a protezione assoluta nel DGR 55 del 2005;  Acer opalus Mill. ssp. obtusatum (Waldst. & Kit. ex Willd.) Gams – specie con distribuzione limitata.

Si rilevano inoltre diverse specie di orchidee, protette dalla direttiva CITES: Ophrys fauciflora (F.W.Schmidt) Moench., Orchis simia Lam.,  Dactylorhiza sambucina (L.) Soó,  Orchis quadripunctata Cirillo ex Ten.

Al margine del sito (in territorio campano), è stata rilevata la presenza di Buglossoides calabra, finora nota solo per la Calabria, la specie è probabilmente presente anche all’interno del SIC.

FAUNA:

Dal punto di vista zoologico il sito è di notevole interesse, ma - siamo convinti – assolutamente non paragonabile, quanto a ricchezza in biodiversità, all’altro sito di Area 9 (Valle del Noce). L’ambiente dal punto di vista zoologico è certamente caratterizzato da un eccellente livello di riservatezza per quanto riguarda lo svolgimento dei cicli biologici dei Mammiferi e degli Uccelli tipici delle faggete e querceti appenninici. La interessantissima presenza di Salamandrina terdigitata in un remoto fontanile frequentato solo da bovini appare un valore notevole e, sempre in tema batracologico, la presenza Triturus nei pozzi con pareti di pietra ne è una conferma. Tra l’altro questi ultimi e le antiche aie dove venivano lavorati cereali e legumi costituiscono un presidio di interesse antropologico-culturale notevolissimo. Il territorio è sottoposto purtroppo ad uno sfruttamento boschivo che, oltre ad impoverire la copertura forestale in qualità e quantità, determina anche una sorta di disturbo permanente (presenza umana e rumore).

I margini del sito sono interessati alla medesima rotta migratoria che tocca il SIC Valle del Noce.

Il  SIC si presenza estremamente adatto ad ipotesi di colonizzazione di caprioli e, meno probabilmente per la limitata estensione dei pascoli e la competizione di bovini-equini, anche di Cervus elaphus. Altrettanto ragionevole ci sembra il sostenere, per assoluta idoneità ambientale,  una probabilissima presenza  di gatto selvatico (anche se non riscontrata per oggettive limitatezze di tempi/mezzi e difficoltà di rilevamento specie-specifiche).

Una ipotesi di lavoro ragionevole potrebbe essere quella, in una futura previsione di revisione dei confini della Rete Natura 2000, quella di verificare la praticabilità di connessione fra i due SIC dell’Area 9 (Valle del Noce e Bosco Mangarrone), fino a formarne uno unico. Ciò garantirebbe senz’altro maggiori chances di sopravvivenza e svolgimento dell’intero ciclo biologico a specie (presenti  con verificata frequenza) come il lupo e al mantenimento endemico di popolamenti di sue specie-preda.

Nell’area sono presenti, come già accennato, molti ruderi di vecchi casolari primariamente adibiti ad abitazioni con accanto aie in pietra ancora ben conservate, segno di una intensa attività agricola praticata secondo procedure e tecniche tradizionali.

Sono presenti inoltre vecchi pozzi in pietra lavorati a secco, così come abbeveratoi. Questi elementi della antica cultura contadina, oggi del tutto (o quasi) abbandonata, parlano di una vita agro-pastorale estremamente semplice cui era votata la piccola comunità del Mangarrone. Adesso i casolari sono adibiti a ricovero di animali, essenzialmente bovini, che insieme agli equini pascolano liberamente nell’area. Gli stessi ruderi assumono un importante ruolo di siti-rifugio per rapaci notturni e, anche per tale motivo, vanno assolutamente preservati (anche da ipotesi nefaste di recupero edilizio!). I pozzi (rilevati almeno 6) vengono tutt’ora utilizzati per mantenere riserve d’acqua destinate ad abbeverare gli animali. L’uso agricolo del territorio attualmente è limitato a pochi appezzamenti nelle zone più accessibili (prevalentemente nel circondario del SIC, versanti N-E) dove è possibile l’uso di macchinari.

La maggior parte del terreno è adibita alla pastorizia e allo sfruttamento del bosco per legname. Tuttavia gli effetti del pascolo sono rilevanti sono in aree limitate del sito.

Negli ultimi anni, anche per ragioni di carattere socio – economico, si è registrato l’abbandono progressivo di molti terreni agricoli che attualmente stanno evolvendo a pascoli cespugliati o addirittura a bosco con una notevole diminuzione della SAU. Alcuni di questi terreni sono utilizzati, più o meno abusivamente, da aziende zootecniche che praticano l’allevamento di tipo estensivo, mentre il resto risulta completamente abbandonato e data la continuità, orizzontale e verticale, della vegetazione risulta ad elevato rischio d’incendio.