Valle del Noce


Carta di identità del sito

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Nome Valle del Noce
Codice IT9210265
Tipo B
Estensione 967,61 ha
Comuni Trecchina
Province Potenza
Habitat (All. 1 Dir. 92/43/CEE): 5330, 3280, 9340, 91M0, 6210(*) dettagli   »
Specie
Note

Habitat All. 1 Dir. 92/43/CEE

Valle del Noce

5330 - Arbusteti termo-mediterranei e pre-desertici

3280 - Fiumi mediterranei a flusso permanente con vegetazione dell’alleanza Paspalo-Agrostidion e con filari ripari di Salix e Populus alba.  

9340 - Foreste di Quercus ilex e Quercus rotundifolia

91M0 - Foreste Pannonico-Balcaniche di cerro e rovere

6210(*) - Formazioni erbose secche seminaturali e facies coperte da cespugli su substrato calcareo (Festuco-Brometalia) (*stupenda fioritura di orchidee)

8130 - Ghiaioni del Mediterraneo occidentale e termofili

8210 - Pareti rocciose calcaree con vegetazione casmofitica

6220* - Percorsi substeppici di graminacee e piante annue dei Thero-Brachypodietea

Specie All. 2 Dir. 92/43/CEE e all.1 dir. 79/409/CEE

Valle del Noce



Il SIC è caratterizzato da una ampia escursione altitudinale, fra fondovalle del Noce, alte e strapiombanti pareti rocciose (di alto interesse per le nidificazioni di rapaci e non solo) e vertici delle stesse sulle quali è indubitabile l’interesse per le rotte migratorie ornitiche (cfr rilevamenti). Il fondovalle, purtroppo compromesso da una ampia diffusione di microstrutture artigianali e, nella parte pi a valle, dall’impianto di trattamento dei rifiuti, è in realtà caratterizzato da uno dei tratti più interessanti (dal punto di vista paesaggistico) del Noce, incassato all’interno di pareti a strapiombo e poi dilagante quasi in forma di fiumara, con una serie di risorgive collaterali ricchissime di fauna anfibia. Nella parte terminale (meridionale) del SIC, in realtà immediatamente fuori SIC (già area calabra), sul versante idrografico sinistro, esiste un microecosistema assai “appartato” e poco frequentato (circostante vecchie vasche di allevamento ittico, private e in disuso) che ci ha permesso di rilevare una densità di Rettili straordinaria e l’esistenza di una bellissima colonia di Rinolofi. Sul fiume è accertata la presenza della lontra e già questo ci sembra degno di alta considerazione: purtroppo tale presenza è posta fortemente a rischio dalla compresenza dell’impianto di trattamento-rifiuti. Non è affatto da escludere che l’esemplare morto e fotografato nel 2008 (vedi foto) sia venuto a morte in conseguenza, sia pure indiretta, di problemi connessi all’inquinamento.

IL TERRITORIO

Il sito comprende un tratto del bacino del fiume Noce, nel versante tirrenico della Basilicata fino al confine con la regione Calabria. Il fiume, lungo circa 50 km, nasce dal Monte Sirino a circa 2.000 metri di quota.

Il fiume Noce scaturisce dalle Murge del Principe (1398 m) e sfocia nel mar Tirreno, nella Piana di

Castrocucco, a circa 8 km a sud di Maratea dopo un percorso di circa 50 km. E' il più importante corso d'acqua del sistema montuoso Sirino-Papa che con le sue due vette, del monte Sirino (1907 m) e del monte Papa (2005 m), segna lo spartiacque appenninico tra i bacini dei fiumi Agri e Sinni ad est e dei fiumi Calore e Noce ad ovest. Il regime idrologico del fiume Noce è caratterizzato da una grande varietà delle portate dovuta, fra l'altro, alle rilevanti pendenze della rete idrografica e alla modesta ampiezza del bacino; nell'ambito dell'impluvio complessivo si riscontano vari sottobacini di una certa importanza aventi forme e caratteristiche diverse, definiti dagli affluenti del corso principale.

Con andamento prevalente verso sud, presenta un corso incassato e attraversa colline caratterizzate in prevalenza da boschi di sclerofille e macchia mediterranea, allargando poi notevolmente il suo fondovalle nel tratto terminale dopo aver intercettato le acque di svariati affluenti tutti provenienti dal Monte Sirino, tra i quali i torrenti Bitonto, Prodino Grande, Senieturo, Carroso e il fiume Torbido.

 La morfologia del bacino è caratterizzata da un paesaggio montano nel tratto superiore e, nella parte centrale e terminale, da una morfologia collinare e pianeggiante, fatta eccezione per la stretta in corrispondenza dei rilievi di Monte Cifolo e Serra Castroccucco.

La situazione geologica del bacino è decisamente complessa, con diffusione prevalente del complesso argillitico (argilliti, argilloscisti, arenarie quarzose, calcari arenaci e marnosi); nella parte centrale sono presenti calcari dolomie e brecce e quindi sabbie prevalentemente quarzose. Sono inoltre presenti, anche se con estensione limitata, diabasi e serpentini, marne selcifere, diaspri, argille, argille marnose, alternanze di arenarie, argille, marne, conglomerati poligenici e detriti di falda (clasti eterometrici con livelli sabbioso-limosi).

Per quanto concerne la permeabilità, questa è definibile buona per le rocce carbonatiche e le formazioni sabbiose, fino ad essere elevata nei conglomerati poligenici ed i detriti di falda. Le formazioni arenacee hanno permeabilità variabile in funzione del grado di fratturazione, le formazioni flyschoidi hanno anch’esse permeabilità variabile da strato a strato in funzione dell’intensa tettonizzazione e della sottile stratificazione. Infine sono da considerare praticamente impermeabili le formazioni argillose (AA.VV.).

IL CLIMA
Il clima dell’area vasta è tipicamente mediterraneo, si però una piovosità accentuata anche a quote basse (1247 mm per Maratea a 300 m s.l.m., 1829 per Trecchina a 500 m s.l.m.). Questo dato è in relazione alla morfologia dell’area caratterizzata dai rilievi costieri che provocano la risalita dell’aria umida proveniente dal mare favorendone  le precipitazioni abbondanti.

Il sito si caratterizza per una certa eterogeneità di habitat, infatti copre un dislivello altitudinale di oltre 800 m e comprende un territorio particolarmente accidentato.

La vegetazione forestale potenziale dell’area è rappresentata in gran parte da foreste termofile di sclerofille. Si tratta di boschi dominati da leccio (Quercus ilex) a cui sporadicamente si associa Ostrya carpinifolia, Acer neapolitanum e  Fraxinus ornus. Specie tipiche del sottobosco sono Lathyrus venetus, Hedera helix, Ruscus aculeatus, Helleborus viridis. Le leccete si estendono per tutta l’ampiezza altitudinale del sito, ma sono spesso sostituite da forme di degradazione (macchia e garighe). Nei tratti più freschi, soprattutto lungo i versanti dei valloni, al bosco di sclerofille subentrano formazioni miste o a prevalenza di caducifoglie caratterizzate dal cerro (Quercus cerris), roverella (Quercus pubescens), Aceri (Acer neapolitanus, Acer campestre). Tale vegetazione può essere riferita all’alleanza Teucrio siculi-Quercion cerridis Ubaldi 1988 e all’habitat 91M0, recentemente aggiunto all’allegato I della Direttiva Habitat. Questi boschi rientrano solo marginalmente nel sito.

L’area direttamente interessata dall’alveo del fiume è caratterizzata da boschi ripariali ad ontano nero (Alnus glutinosa) e pioppo nero (Populus nigra), a cui si associano frequentemente altre specie arboreo-arbustive come l’orniello (Fraxinus ornus), varie specie di salici (Salix sp.), l’ontano napoletano (Alnus cordata). Tali formazioni caratterizzano tutto il tratto fluviale compreso nel sic, ma spesso la loro estensione è limitata e frammentata a causa della morfologia accidentata della valle fluviale. In molti tratti il bosco ripariale si presenta frammentato e degradato a causa del pascolo, del taglio e di altre attività umane che non consentono l’evoluzione naturale del bosco. Per questa ragione tali formazioni sono state riferite all’habitat 3280, vegetazione igro-nitrofila paucispecifica presente lungo i corsi d’acqua mediterranei a flusso permanente, su suoli permanentemente umidi e temporaneamente inondati, anche se alcuni tratti più estesi e ben conservati potrebbero essere riferiti all’habitat 92A0.

Gli affioramenti rocciosi a forte inclinazione sono l’elemento paesaggisticamente più rilevante del sito. Laddove l’inclinazione elevata non consente l’accumulo sufficiente di suolo, le pareti sono colonizzate da vegetazione discontinua erbacea e arbustiva. Significativa è la presenza di fitocenosi casmofitiche inquadrabili nell’alleanza del Dianthion rupicolae della classe Asplenietea trichomanis. Queste comunità in genere ospitano specie di pregio e di interesse fitogeografico come Campanula fragilis, Putoria calabrica, Elaeoselinum asclepium e sono riferibili all’habitat “8210 Pareti rocciose calcaree con vegetazione casmofitica”, in cui sono riunite le comunità casmofitiche delle rocce carbonatiche, dal livello del mare nelle regioni mediterranee a quello cacuminale nell’arco alpino.

Altro habitat di interesse fitogeografico e conservazionistico, ma anche di rilievo paesaggistico, è quello dei ghiaioni calcarei, caratterizzati da comunità ad Achnatherum calamagrostis e Teucrium montanum. Queste formazioni si inquadrano nell’habitat “8130 Ghiaioni del Mediterraneo occidentale e termofili”, ed in particolare nel sottotipo 61.3B - Ghiaioni del Mediterraneo centrale. 

I prati aridi e pietrosi ospitano numerose specie di orchidee, tra quelle rilevate si menzionano Orchis italica, Orchis tridentata, Orchis quadripunctata, Orchis morio, Anacamptis pyramidalis, Orchis papilionacea, Serapias lingua, Serapias vomeracea. Le comunità prative poste a quote elevate sono da riferire all’habitat 6210 “Formazioni erbose secche seminaturali e facies coperte da cespugli su substrato calcareo (Festuco-Brometalia)”, mentre a quote basse subentrano gli elementi più caratteristici dei prati mediterranei, riferibili in parte all’habitat 6220* Percorsi substeppici di graminacee e piante annue dei Thero-Brachypodietea. Questi ultimi aspetti sono in genere a mosaico con garighe ad Ampelodesmos mauritanica (habitat 5330).

 

FLORA:

L’area della Valle del Noce risulta scarsamente indagata dal punto di vista floristico. L’elevata diversità di ambienti fa si che il sito sia caratterizzato da una flora ricca e ben diversificata. Gli elementi di maggiore interesse fitogeografico sono quelli che caratterizzano gli habitat rupestri ed i ghiaioni calcarei, ricchi in genere da specie endemiche o ad areale ristretto. Tra queste sono state rilevate Campanula fragilis, elemento endemico appenninico che caratterizza fitocenosi rupicole del Dianthion rupicolae, Putoria calabrica ed Elaeoselinum asclepium, entrambi elementi stenomediterranei strettamente legati all’habitat rupicolo.

Altro ambito di alto pregio floristico è quello delle praterie aride e delle garighe, habitat in cui si rileva una ricca presenza di orchidee, specie tutte protette dalla convenzione CITES ed in parte incluse anche nella Lista Rossa Regionale.

Fra queste sono state rilevate Orchis italica, Orchis tridentata, Orchis quadripunctata, Orchis morio, Anacamptis pyramidalis, Orchis papilionacea, Serapias lingua, Serapias vomeracea.

FAUNA:

La presenza straordinaria della Lontra determina la necessità di considerare di rilevante interesse conservazionistico l’intera ittiocenosi del fiume quale potenziale risorsa per il mantenimento del mammifero che, assieme a Lupo e Rinolofo maggiore e R. minore rendono chiara la ricchezza in teriodiversità.

Falco pellegrino, Nibbio bruno e N. reale nidificano nel sito, così come Albanella reale. L’Aquila reale (juv.) frequenta il sito dopo moltissimi anni di assenza.

Tra i rettili è da segnalare la presenza di Vipera aspis var. hugy, entità endemica dell’Italia meridionale.

Di interesse gestionale (potenziale preda di rapaci) anche la presenza di Starna (probabile frutto di ripopolamenti a fini venatori) e di Myotis ssp. in varie stazioni. La Lampreda di fiume e la (probabile) Alborella del Vulture rendono particolarmente qualificata l’ittiocenosi. Rana italica e Raganella sono solo le punte emergenti di una batracocenosi ricchissima.

Le libellule (non in allegato) elencate e classificate come “D” risultano importantissime per vari uccelli insettivori e testimonianza di un’area esente (almeno apparentemente) da effetti di insetticidi.

All’interno degli attuali confini del SIC  sono presenti alcuni  (non moltissimi) ruderi di vecchi casolari orginariamente adibiti ad abitazioni ed oggi  abbandonati o utilizzati come ricoveri per bovini-ovini-caprini.

L’attività agricola (frutteti) è ancora presente, seppure di valore economico marginale e associata alla pastorizia di bovini, ovini e caprini. Essa risulta certamente più sviluppata sui versanti  retrostanti al Balzo del Noce a N-E (verso M. Messina) Appare progressivamente (purtroppo) incombente un micro-artigianato localizzato principalmente lungo la strada Fondovalle del Noce, pertanto esterno al SIC (attuali confini) ma certamente influente in modo negativo quanto meno sulla qualità delle acque.

Le sponde del fiume appaiono assai frequentate e una plausibile misura di conservazione per la lontra potrebbe essere la inibizione alla frequentazione di alcuni tratti.