Costa Ionica Foce Cavone


Carta di identità del sito

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Nome Costa Ionica Foce Cavone
Codice IT9220095
Tipo B
Estensione 590,06 ha
Comuni
Province
Habitat (All. 1 Dir. 92/43/CEE): 2240, 2230, 2260, 2250*, 2110 dettagli   »
Specie
Note

Habitat All. 1 Dir. 92/43/CEE

Costa Ionica Foce Cavone

2240 - Dune con prati dei Brachypodietalia e vegetazione annua

2230 - Dune con prati dei Malcolmietalia

2260 - Dune con vegetazione di sclerofille dei Cisto-Lavanduletalia

2250* - Dune costiere con Juniperus spp.

2110 - Dune embrionali mobili

2120 - Dune mobili del cordone litorale con presenza di Ammophila arenaria (dune bianche)

1130 - Estuari

3280 - Fiumi mediterranei a flusso permanente con vegetazione dell’alleanza Paspalo-Agrostidion e con filari ripari di Salix e Populus alba.  

92D0 - Gallerie e forteti ripari meridionali (Nerio-Tamaricetea e Securinegion tinctoriae)

1410 - Pascoli inondati mediterranei (Juncetalia maritimi)

1420 - Praterie e fruticeti alofili mediterranei e termo-atlantici (Sarcocornietea fruticosi)

1210 - Vegetazione annua delle linee di deposito marine

1310 - Vegetazione annua pioniera a Salicornia e altre specie delle zone fangose e sabbiose

Specie All. 2 Dir. 92/43/CEE e all.1 dir. 79/409/CEE

Costa Ionica Foce Cavone



La principale valenza naturalistica che ha motivato la proposizione del pSIC  “Foce Cavone” è costituita dall’area umida costiera ricca di habitat diversi che ospita esemplari di uccelli migratori ed estivanti di interesse comunitario.

L'area SIC della foce del fiume Cavone presenta popolamenti retrodunali e di acque salmastre particolarmente rappresentativi, ospita biocenosi vegetali di notevole importanza dal punto di vista conservazionistico, come per esempio i popolamenti retrodunali e di acque salmastre (dai densi popolamenti a Juncus maritimus  alla vegetazione subnitrofila a Halimione portulacoides che si sviluppa sui substrati limoso-argillosi al margine delle zone depresse occupate dalla vegetazione a Sarcocornia ssp. pl, vegetazione terofitica, alofila e pioniera, che si sviluppa sui substrati sabbioso-limosi ricoperti d'acqua durante l'inverno e che si screpolano nella stagione calda a seguito delle forti evaporazioni).

L’ambiente vegetazionale si insedia su un terreno morfologicamente pianeggiante. In questo tratto di costa Jonica l’ecosistema mare-duna-pineta si presenta con un sostanziale equilibrio rispetto al resto della costa. Il territorio è attraversato da una rete di canali che provvedono allo smaltimento delle acque e da strade di servizio dalle quali con andamento ortogonale si dipartono strade secondarie che fungono da viali spartifuoco. Dal punto di vista fitoclimatico la pineta retrodunale, secondo il Pavari, si colloca nel Lauretum sottozona calda. L’erosione costiera in questo tratto è poco accentuata anche per la mancanza di sbarramenti lungo il fiume Cavone che determinano un maggiore equilibrio tra apporto solido ed erosione.

IL TERRITORIO

Il Sito, ubicato nella provincia di Matera alla foce del fiume Cavone sulla costa ionica della Regione Basilicata (Golfo di Taranto), si estende su 450,00 ha. La superficie del sito rientra nei territori dei comuni: Pisticci e  Scanzano Ionico. La percentuale delle proprietà pubbliche (Demanio, Esab) sull’intera area del Sic ammonta al 76%. Il territorio del pSIC ha un’altitudine media di 2 metri s.l.m.ed è situato tra le coordinate geografiche E 16° 46’ 10” e N 40° 17’ 7”.

Rispetto alla perimetrazione originaria si propone un ampliamento del sito in modo da includere un più ampio tratto di habitat ripariali, altre modifiche sono state effettuate per l’adeguamento ad una base cartografica di maggiore dettaglio e per una migliore riconoscibilità dei limiti sul territorio (tracciati stradali, ferrovia, corsi d’acqua, ecc.).

 Le variazioni nelle tipologie e superfici degli habitat sono da attribuirsi ad una più dettagliata interpretazione (grazie anche alla pubblicazione del Manuale Italiano degli Habitat) e all’applicazione di metodologie GIS per il calcolo delle percentuali. L’habitat “2190 Depressioni umide interdunari” segnalato nel precedente formulario è, secondo il nuovo Manuale Italiano d’Interpretazione degli Habitat da escludersi dall’Italia.

Il Cavone nasce nella zona montuosa centro-meridionale della Basilicata, scorre in direzione NO-SE fino a raggiungere la costa jonica sfociando nel Golfo di Taranto. A circa 1 Km dalla linea di costa, il Cavone presenta un andamento caratterizzato dalla presenza di vistosi ed ampi meandri che modellano un terreno dal suolo sciolto ed erodibile (alluvioni limoso-sabbioso-argillose incoerenti) generando un abbondante trasporto solido, legato alla già detta facile erodibilità delle formazioni attraversate, che nonostante i lunghi periodi di secca e la debole pendenza fluviale, perviene a mare contribuendo lievemente al accrescimento della costa in corrispondenza dell’area di foce.

Il substrato geologico del Sic è costituito da terreni di origine alluvionale risalenti al Quaternario recente e da depositi arenari delle dune fossili e recenti, interrotti da affioramenti argillosi di sottostanti terreni pliopleistocenici. Il litorale del Sic, infatti, presenta una costa bassa e sabbiosa con sistemi dunali caratterizzati da rilevanti attività idrodinamiche ed eoliche e da fenomeni di sedimentazione ed erosione (predominanti lungo tutto il litorale jonico) che determinano l’alternanza di tratti costieri più o meno ampi a seconda della prevalenza dell’uno o dell’altro processo.

Sebbene l’erosione sia localizzata in maniera più evidente in alcuni tratti del litorale del Sic, in generale rispetto al resto della costa jonica tale fenomeno risulta meno accentuato; questo, anche per l’assenza di sbarramenti lungo il fiume Cavone che determinano un maggiore equilibrio tra apporto solido a mare ed erosione stessa.

IL CLIMA

Il Sito è caratterizzato da clima meso-mediterraneo secco, con temperature medie annue intorno ai 16-18 °C e precipitazioni medie annue di circa 500 mm.

L’ambiente vegetazionale si insedia su un terreno morfologicamente pianeggiante e, in questo tratto di costa, l’ecosistema mare-duna-pineta si presenta con un sostanziale equilibrio: sono presenti tutte le fasce vegetazionali tipiche dei sistemi dunali le cui diverse cenosi si distribuiscono parallelamente alla linea di battigia secondo il gradiente ecologico delle naturali disomogeneità edafiche (diversa granulometria e salinità) e in funzione dei fattori microclimatici (intensità dei venti, insolazione, azione smerigliatrice delle sabbie). L'assetto attuale della vegetazione è il risultato di massicci interventi di bonifica e impianti forestali artificiali finalizzati a proteggere le aree agricole interne, per cui si ha un complesso mosaico di vegetazione a diversi livelli di naturalità e maturità che si alternano ad impianti artificiali, zone agricole e aree edificate.

Superata la zona afitoica, che in questo tratto di costa presenta una estensione variabile, persistono, se pur in fasce piuttosto ristrette, comunità di piante annuali nitro-alofile appartenenti alla classe Cakiletea maritimae (con specie caratteristiche come Cakile maritima, Salsola kali, Salsola soda, Poligonum maritimum, Xantium italicum, ecc.) seguite da comunità di piante pioniere e stabilizzatrici dell’associazione  Sporobolo arenarii-Agropyretum juncei, formazione semistabile fortemente discontinua costituita da Sporobolus pungens, Agropyron junceum ssp. mediterraneum, Matthiola sinuata, Calystegia soldanella, Cyperus capitatus, Lotus cytisoides. A seguire, le dune mobili sono colonizzate da piante stabilizzatrici ed edificatrici dell'associazione Ammophiletum arundinaceae con Ammophila arenaria, Medicago marina, Anthemis maritima, Echinophora spinosa, Eryngium maritimum, Otanthus maritimus, Cyperus capitatus ecc. Tra le piante stabilizzatrici dell’ ammofileto è da annoverare la presenza di vari esemplari di Euphorbia terracina, specie importante dal punto di vista conservazionistico in quanto inserita nella Lista rossa regionale come specie minacciata e vulnerabile. Tanto nell’ammofileto quanto sulle dune con prati dei Malcolmietalia si trovano entità fitogeograficamente rilevanti come il Pancratium maritimum o l’ Ephedra distachya; il Pancratium maritimum, dalle abbondanti fioriture tardo-estive, è una specie rara divenuta tale a causa della continua rarefazione del suo habitat minacciato dalla frequentazione antropica incontrollata e dall’erosione del litorale, ed inserita a livello nazionale nel Libro rosso delle specie vegetali ed a livello locale nella Lista rossa regionale come specie a protezione assoluta (Art. 2 DPGR 55/2005); del tutto caratteristici sono i popolamenti a Ephedra distachya, specie rara lungo le coste del Mediterraneo, rinvenuta nella fascia di transizione tra la vegetazione psammofila e la macchia mediterranea o in espansione laddove la macchia è in fase di arretra­mento a causa dell’erosione marina.

In destra del fiume si individua un’ampia zona depressa interessata stagionalmente da ristagni d’acqua salmastra a salinità da media ad elevata in cui si alternano popolamenti vegetazionali di tipo arboreo-arbustivo a Tamarix africana, praterie salate di giunchi, steppe salate e fitti canneti. Sono popolamenti alofili ed alonitrofili distribuiti a mosaico e diversificati nella composizione floristica secondo un gradiente di salinità/umidità determinato dalla durata del periodo di inondazione del terreno e dalle oscillazione della falda freatica. Le praterie salate si rinvengono su suoli umidi, limoso argillosi, occasionalmente inondati e sono caratterizzate nella fisionomia da alte erbe giunchiformi (Juncus acutus, J. maritimus, J. subulatus e Bolboschoenus maritimus) che si dispongono a mosaico interno alle pozze di acqua salmastra.

Nel Sic del Cavone le praterie salate presentano un elevato grado di copertura e sono riferibili alla classe Juncetea maritimi. Sui substrati limoso-argillosi, invece, la vegetazione subnitrofila ad Halimione portulacoides si sviluppa al margine delle zone depresse occupate dalla vegetazione a Sarcocornia sp. pl, vegetazione terofitica, alofila e pioniera, che si sviluppa sui substrati sabbioso-limosi ricoperti d'acqua durante l'inverno e che si screpolano nella stagione calda a seguito delle forti evaporazioni. In particolare la zona costiera umida e salata in destra del fiume è colonizzata da un mosaico di fitocenosi riferibili alla classe Sarcocornietea fruticosi,cui dominano Arthrocnemum fruticosum,  Halimione portulacoides, Inula crithmoides e praterie alofile formate da alte erbe (es.: Puccinellia convoluta) e giunchi, ma anche esemplari di Limonium serotinum, Aster tripolium, Triglochin barrelieri (Lista rossa regionale), ecc..

La foce del Cavone si presenta ben conservata sotto il profilo degli habitat retrodunali e dell’ambiente estuariale. Infatti nell’ambito del Sic la presenza di determinati elementi floro-faunistici tipici del tratto terminale del fiumi che sfocia in mare dove le acque dolci si mescolano con quelle salate del mare, ha posto le basi per l’individuazione di un nuovo habitat rispetto alle schede rete natura 2000 del 2003:  l’estuario (cod. 1130). In tale zona, il ridotto flusso delle acque del fiume dovuto all’azione del moto ondoso e maree causa il deposito di sedimenti fini, con formazione di cordoni e isolotti sabbiosi e fangosi, soprattutto durante il periodo estivo, che costituiscono aree particolarmente importanti per l’avifauna. Gli estuari formano un sistema ecologico unico con gli ambienti terrestri circostanti, per cui, dal punto di vista vegetazionale, possono essere identificati da un complesso di fitocenosi comprendenti tipologie che vanno dalle comunità di alghe bentoniche alle formazioni di alofite perenni legnose. L’ habitat comprende comunità algali e di idrofite (in particolare Ruppia) e bordure alofitiche annuali (Salicornieti – 1310, Salsolo-Cakileti – 1210) o perenni ( Sarcocorneti - 1420). Interessante lo sviluppo del canneto, che si estende dalla foce del fiume per alcune centinaia di metri verso l’interno.

Sulla duna fissa, zona di relativa stabilità, si sviluppa una vegetazione arbustiva tipica della bassa macchia mediterranea: d’importanza fondamentale riveste l’associazione Pistacio-Juniperetum macrocarpae che ha come specie caratteristiche il lentisco (Pistacia lentiscus), il ginepro (Juniperus oxycedrus ssp. macrocarpae), la fillirea (Phillyrea latifolia), il ramno (Rhamnus alaternus), Thymelea hirsuta, Daphe gnidium ecc. e costituisce il primo stadio forestale nelle aree sabbiose. E’ una formazione che si insedia nel fronte duna, esposta ai forti venti trasportatori di sabbie e aerosol, contribuendo al consolidamento della duna, accrescendone dimensioni, altezza e quindi la stabilità.

La fascia dei terreni retrodunali è occupata da rimboschimenti a conifere risalenti agli anni ‘50 e ‘60  allo scopo di proteggere i retrostanti terreni agrari dalla salsedine e dai venti marini. Infine ma non meno importante, è il ruolo ecologico-ambientale che la stessa svolge senza tralasciare l’evidente significato paesaggistico che la formazione forestale dà alla valorizzazione estetica della costa. La fascia boscata costituisce inoltre un importante significato selvicolturale in situazioni pedologiche e climatiche non del tutto favorevoli.  Nella pineta sono presenti il pino domestico (Pinus pinea), il pino d'Aleppo (Pinus halepensis), il pino marittimo (Pinus pinaster) la cui presenza sporadica è dovuta alla concorrenza esercitata dai primi due. Molto diffusa, soprattutto in sinistra idrografica, ai margini della pineta e lungo la fascia pianeggiante della duna consolidata, è la presenza di Acacia saligna, pianta alloctona estremamente invasiva e tollerante ai disturbi, impiantata nelle zone prossime alla linea di costa ricoprendo vaste aree con esemplari contorti e cespugliosi; è da segnalare, inoltre, tra le specie alloctone la presenza nell’ammofileto di Carpobrotus edulis, pianta rampicante originaria del sud Africa, utilizzata in operazioni di “consolidamento” dei sistemi dunali e retrodunali estremamente aggressiva a tal punto da svilupparsi sulle altre piante uccidendole, e, sulla duna consolidata, dell’Agave americana, pianta ornamentale di origine centro-americana che costituisce un problema non indifferente data l’alta capacità di riproduzione.

Lungo il fiume ed i canali di bonifica ed anche nelle depressioni periodicamente inondate sono ben rappresentati i tipici popolamenti ad elofite (canneti a Phragmites australis e Typha latifolia) ed idrofite che, oltre ad essere di fondamentale importanza per il mantenimento della fauna selvatica, svolgono un importante ruolo nella fitodepurazione delle acque. In particolare lo stagno Salandrella, a nord della foce, è il residuo di uno stagno retrodunale, attualmente in fase di interramento e periodicamente asciutto, circondato da un’ampia fascia di vegetazione a Phragmytes australis e Juncus sp.pl. 

Il territorio è attraversato da una rete di canali che provvedono allo smaltimento delle acque e da strade di servizio dalle quali con andamento ortogonale si dipartono strade secondarie che fungono da viali spartifuoco, e dalla presenza di un impianto di fitodepurazione. L’area inoltre è caratterizzata da una forte espansione antropica (presenza di villaggi costruiti o in costruzione e nuove strutture di balneazione) che minaccia e può compromettere ulteriormente la vulnerabilità degli habitat presenti nel sic. Nonostante il rischio di degrado, il litorale del Sic Cavone conserva ancora comunità vegetali e popolamenti faunistici caratterizzati da un elevato valore naturalistico e conservazionistico che rende indispensabile l’applicazione di una gestione atta a tutelare e favorire il mantenimento dell’attuale condizione ecologica ed il ripristino degli habitat presenti.

FLORA:

L'area del fiume Cavone ospita biocenosi vegetali di notevole importanza dal punto di vista conservazionistico, come per esempio i popolamenti retrodunali e di acque salmastre (dai densi popolamenti a Juncus maritimus alla vegetazione subnitrofila ad Halimione portulacoides che si sviluppa sui substrati limoso-argillosi al margine delle zone depresse occupate dalla vegetazione a Sarcocornia sp. pl, vegetazione terofitica, alofila e pioniera, che si sviluppa sui substrati sabbioso-limosi ricoperti d'acqua durante l'inverno e che si screpolano nella stagione calda a seguito delle forti evaporazioni). La foce del Cavone si presenta ben conservata sotto il profilo degli habitat retrodunali e dell’ambiente estuariale. Interessante lo sviluppo del canneto, che si estende dalla foce del fiume per alcune centinaia di metri verso l’interno. La fascia boscata assume un importante significato selvicolturale in situazioni pedologiche e climatiche non del tutto favorevoli. La pineta svolge una funzione protettiva della costa contrapponendosi all’arretramento costiero e protegge le colture retrostanti dai forti venti marini. Infine ma non meno importante, è il ruolo ecologico -ambientale che la stessa svolge senza tralasciare l’evidente significato paesaggistico che la formazione forestale dà alla valorizzazione estetica della costa.

La formazione forestale, ricadente nel comprensorio di bonifica di Metaponto, comprende formazioni forestali che vegetano su dune sabbiose interessate da opere di fissazione delle sabbie dunali ed in rimboschimenti delle zone retrostanti. Il Pino d’Aleppo (Pinus halepensis Miller) è la specie più presente insieme al pino marittimo (Pinus maritima), alla  Acacia saligna (Acacia cyanophylla Lindley) e piante di Eucalipto (Eucayiptus globulus).

Per quanto riguarda la flora nel sito non sono da segnalare specie d’interesse comunitario, ciò non deve però far pensare ad una scarsa rilevanza floristica dell’area. Infatti gli habitat  psammofili e alo-igrofili ospitano una florula ricca di elementi rari e di interesse conservazionistico. Nella tabella “3.2 Altre specie”, sono state riportate le specie di maggiore interesse conservazionistico rilevate nel sito considerando come tali le specie incluse in altre direttive, liste rosse, ma anche specie di particolare interesse fitogeografico ed ecologico, tra queste ultime sono state indicate alcune delle specie alofile più caratterizzanti: si tratta di entità che anche se non particolarmente rare o vulnerabili, essendo altamente specializzate sono localizzate esclusivamente in questi habitat e quindi relativamente rare nel territorio.

Tra le altre specie di interesse conservazionistico merita di essere menzionata Ephedra distachya L., frequente, ma in modo discontinuo, lungo il litorale jonico. In seguito alle pesanti modificazioni dell´habitat la specie è presumibilmente scomparsa da molte aree ed è in continua regressione. Anche Juniperus oxycedrus ssp. macrocarpa (Sm.)Bell, tipico elemento delle dune consolidate, è presente con una ricca popolazione, che caratterizza la macchia psammofila retrodunale soprattutto a sud della foce. Ben più raro è invece Juniperus phoenicea L. ssp. turbinata (Guss.) Nyman, elemento circumediterraneo con baricentro centro-occidentale, di cui sono stati rilevati solo pochi individui. Altre specie rare tipiche delle dune sono Euphorbia terracina L. e Pancratium maritimum L.

Ben diversificata è la florula alofitica caratterizzata da specie perenni Sarcocornia fruticosa (L.) A.J.Scott, Sarcocornia perennis (Miller) A.J.Scott, Halimione portulacoides (L.)Allen, Limonium serotinum (Rchb.) Pign., Suaeda fruticosa (L.)Forsskal, Plantago crassifolia Forsskal; e specie annuali quali Salicornia patula Duval-Jouve, Suaeda maritima (L.).

Dai dati di letteratura meritano di essere citati alcuni contributi relativi alla flora lichenica: Fascetti & Potenza (2006) segnalano nel sito, nuove per la Basilicata, Cladonia foliacea (Huds.) Willd., Parmotrema hypoleucinum (J.Steiner) Hale, Ramalina canariensis J.Steiner. E’ in pubblicazione un contributo specifico sulla florula lichenica del SIC.

FAUNA:

Questo biotopo offre condizioni idonee alla sosta e allo svernamento di numerose specie di uccelli; a questo proposito si sottolinea lo svernamento del Pettazzurro (Luscinia svecica) e del Forapaglie castagnolo (Acrocephalus melanpogon). L’ambiente dunale ha una notevole estensione, soprattutto in prossimità del confine Nord del SIC, e favorisce la nidificazione di diverse coppie di Fratino (Charadrius alexandrinus), peraltro svernante con oltre 40 individui. Tale ambente è utilizzato come sito di sosta e svernamento anche dal Piovanello tridattilo (Calidris alba), specie poco diffusa nelle regioni meridionali (cfr. Baccetti et alii, 2002). Degna di nota è l’osservazione nel mese di Dicembre 2009 di una femmina di Edredone (Somateria mollissima), specie accidentale in Italia meridionale con una sola osservazione precedentemente nota per la Basilicata (Fulco et alii, 2008). Sotto il profilo erpetologico, inoltre, si sottolineano le prime segnalazioni di Testudo hermanni ed Emys orbicularis relative a questo settore territoriale. Le fonti ufficiali, infatti, (cfr. Sindaco et alii, 2006) non riportano alcun dato di presenza per l’arco jonico lucano. Tali osservazioni suggeriscono l’esistenza di una continuità tra le popolazioni calabresi e quelle pugliesi. Notevole importanza conservazionistica, infine, è data dalla presenza della Lontra, le cui tracce sono state rinvenute ripetutamente nell’area di foce.

Alcune delle specie segnalate nel vecchio formulario non sono state confermate durante l’aggiornamento. Le ragioni di questa apparente discrepanza sono sintetizzate come segue:

1)    Specie non appartenenti alla fauna locale, la cui presenza nel vecchio Formulario era probabilmente dovuta ad un errore di battitura. E’ il caso dell’Averla maschera Lanius nubicus, specie distribuita nel Medio e Vicino Oriente e non segnalata in Italia (Yosef & Loher, 1995).

2)    Specie potenzialmente presenti durante le migrazioni ma ecologicamente non legate all’area di studio. In questo caso l’osservazione di eventuali soggetti migratori è sfuggita al rilevamento. E’ il caso della Ghiandaia marina Coracias garrulus legata agli ambienti steppici (cfr. Brichetti & Fracasso, 2007).

 

Note entomologiche:

Il formulario standard relativo al sito SIC “Costa Jonica foce Cavone” riporta la presenza nel sito in questione, dell’Odonato Argion di mercurio (Coenargion mercuriale). Questa libellula, le cui larve si sviluppano in ruscelli e canali a debole corrente, leggermente ombreggiati e invasi dalla vegetazione, rappresenta uno dei pochi esempi di insetti, segnalati nei formulari relativi ai SIC della costa jonica lucana.

La sua presenza è sicuramente legata ai numerosi canali di bonifica presenti nella zona, ed è testimonianza degli ambienti umidi che un tempo occupavano l’intero territorio.

Durante i sopralluoghi non è stata rilevata la presenza della suddetta specie, ma sussistono nel territorio preso in considerazione tutte le caratteristiche ambientali utili al suo sviluppo.

Per la tipologia dell’indagine svolta non è possibile smentire a nessun titolo la presenza di questo odonato nel SIC “Costa jonica foce Cavone”. La sua presenza/assenza potrebbe essere confermata solo da studi effettuati con mezzi e tempi differenti da quelli del presente programma. Ai fini della conservazione di questa specie risulta indispensabile una corretta gestione dei canali suddetti, in quanto la completa rimozione dei sedimenti che si depositano sul fondo, impedisce l’instaurazione di specie vegetali igrofile, indispensabili per la deposizione delle uova e lo sviluppo delle ninfe di questa rara libellula.

L’Argion di mercurio è una specie rara e in declino in tutto l’areale europeo. Le cause sembrano legate alla sistemazione idraulica dei piccoli corsi d’acqua, alla pulizia periodica dei canali e al drenaggio dei corpi idrici minori. Fattori non secondari sono anche l’inquinamento da pesticidi e l’eutrofizzazione delle acque per l’utilizzo eccessivo di fertilizzanti agricoli.

Una specie caratteristica, rinvenuta nell’area d’indagine, è Brithys crini (citata spesso anche come Brithys pancratii), lepidottero a distribuzione mediterranea, diffuso anche in Africa e Asia meridionale. Sulla costa jonica, così come in tutto il Mediterraneo, è strettamente associata, allo stadio larvale, alle foglie del Giglio di mare (Pancratium maritimum), tipico rappresentante della vegetazione psammofila litorale. La presenza di insetti specializzati, quali coleotteri tenebrionidi (Pimelia sp., Akis sp.), carabidi (Carabus coriaceus, Cicindela sp.), rinvenuti sull’arenile e sulle dune nell’area di studio, conferma la buona qualità degli habitat psammofili nelle zone dove tali ambienti si sono conservati.

La presenza di specie tipiche della macchia mediterranea (Capnodis cariosa), invece ci conferma, allo stato attuale, la tendenza di questi luoghi ed in particolare delle pinete, ad evolvere verso una vegetazione di macchia mediterranea a prevalenza di Ginepro in posizione retrodunale, con il progressivo passaggio verso una macchia a Fillirea e Lentisco man mano che ci si allontana dal mare e dalla sua influenza.

Il sito è caratterizzato da un discreto grado di urbanizzazione, in quanto sono presenti alcuni villaggi turistici e le relative infrastrutture viarie di collegamento. Il numero complessivo di strutture esistenti occupa una percentuale rilevante del territorio costiero ed incide notevolmente sulla frammentazione degli habitat, in quanto isola completamente la pineta e gli ecosistemi dunali dalla matrice agricola retrostante.

 La parte del SIC più vicina al mare, pur non soggetta ad edificazione, potrebbe essere fortemente impattata (ed in parte già lo è). Infatti la pressione dovuta alla crescita del numero di presenze di persone sull’arenile, lascia prevedere un impatto di portata non trascurabile sugli ecosistemi dunali.

La conservazione degli ecosistemi dunali, si ripercuote fortemente sulle comunità di invertebrati presenti in questi ambienti, sia per perdita di habitat, sia per la possibile scomparsa di specie vegetali legate strettamente alla biologia di alcuni insetti.

L’impatto diretto sulla fauna, dovuto al completamento e alla realizzazione ex-novo di strutture ricettive e relative infrastrutture in queste aree, diminuiranno lo spazio disponibile per alcune specie.

Di notevole importanza risulta l’integrità dei canali di bonifica e la qualità delle acque degli stessi. Una erronea gestione dei canali potrebbe causare danni alle popolazioni faunistiche, che abbondantemente colonizzano questi ambiti.

L’attenzione principale nell’area in questione, viene data all’area umida del “Lago della Salandrella”. Esso risulta uno degli ultimi ambienti umidi naturali, presenti sulla costa jonica lucana, che è scampato alle bonifiche del secolo scorso. La zona umida del Lago della Salandrella, inizia nella zona posta a Sud-Ovest della strada che porta al Lido di San Basilio, e finisce inoltrandosi nella pineta fino a raggiungere quasi le prime formazioni dunali di macchia a ginepri, purtroppo la costruzione della strada suddetta, ha comportato l’interruzione, ecologica ed idraulica dello specchio d’acqua, compromettendo il regolare approvvigionamento di acqua al lago stesso, il quale presenta carattere stagionale molto accentuato.

La principale evidenza dell’attività antropica è data dalla presenza di estese strutture edilizie destinate alla ricezione turistica (resort, villaggi, case mare) alcune al di fuori dei confini dell’area ed una (ClubMed) all’interno dell’area SIC.

L’attività agricola all’interno dell’area SIC è limitata ad una sola porzione marginale, posta al confine occidentale dell’area. Nelle aree circostanti il sito è praticata una intensa attività agricola per la produzione di foraggere da erbaio e di ortaggi, per le quali viene effettuato un cospicuo prelievo di risorsa idrica dai canali afferenti all’area SIC. Viene altresì fatto uso di prodotti chimici di sintesi per il trattamento delle suddette colture.

L’ara SIC Cavone presenta un ridotta presenza di attività zootecniche, confinate alle zone marginali ed in minima parte nell’area SIC, nella parte a ridosso del lido San Basilio. Si tratta per la gran parte di bovini adulti, di razza meticcia (incroci per la produzione da carne) detenuti in ampi recinti (di tipo elettrico, quindi non costituenti barriere per gli spostamenti della fauna terrestre). L’allevamento dei bovini è costituito da un numero molto variabile di capi durante il tempo, mediamente pari ad alcune decine (40-70) di capi adulti e da vitelli ed occasionalmente di equini. La cospicua estensione delle aree destinate al pascolo e il numero contenuto di animali consentono di affermare una quasi totale assenza di effetti negativi.

I principali fattori di vulnerabilità e quindi di rischio di degrado che agiscono in concomitanza sull’area del Sic foce Cavone sono, in breve, l’erosione costiera (sebbene rispetto al resto dell’area ionica sia meno accentuato in questo sito, soprattutto sul versante meridionale), l’urbanizzazione e la proliferazione di infrastrutture (anche solo temporanee, in relazione alla stagione balneare) e lo sfruttamento turistico eccessivo durante la stagione estiva (necessità di regolamentare e controllare l’accesso dei veicoli e delle persone alle spiagge).

In ultimo sono evidenti segni di degrado costituiti dalla presenza di cumuli di rifiuti, talvolta anche pericolosi, abbandonati in prossimità della foce dall’uomo o ivi trasportati dalle onde di piena del fiume o dalle mareggiate.

La maggiore vulnerabilità è rappresentata dall’assenza di regolamentazione del flusso turistico e dalla inadeguatezza di pratiche per la gestione conservativa della componente vegetale (assenza di pratiche silvicolturali, rimozione della vegetazione suscettibile ad incendi o fortemente competitiva con altre specie) ed animale (assenza di controlli sul prelievo venatorio e sulle pratiche di pesca professionale e sportivo, assenza di misure di contenimento del disturbo).

In ragione delle criticità evidenziate durante il monitoraggio è auspicabile la realizzazione di interventi restaurativi, principalmente mediante l’eliminazione dei detrattori ambientali, di controllo dell’accesso all’area del sito e, soprattutto, di regolamentazione e limitazione della fruizione turistica durante la stagione estiva.

Di primaria rilevanza è la realizzazione di sistemi di controllo dell’accesso e della frequentazione dell’area mediante l’utilizzo di sole strutture mobili (cabine e passerelle) da rimuovere al termine della stagione balneare, la sistemazione delle aree di parcheggio delle automobili in spazi regolamentati e ben segnalati, il divieto e la limitazione dell’attività di pesca professionale e sportiva nell’asta fluviale e nel tratto di mare prospiciente la foce, l’eliminazione o il controllo efficace della pratica venatoria ed infine la realizzazione di interventi di ingegneria naturalistica per l’impianto di specie vegetali autoctone e caratteristiche della duna litoranea con l’obiettivo di ripristinare le aree umide ora scomparse e consolidare il cordone dunale ancora presente.