Foresta Gallipoli - Cognato


Carta di identità del sito

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Nome Foresta Gallipoli - Cognato
Codice IT9220130
Tipo C
Estensione 4.289 ha
Comuni
Province
Habitat (All. 1 Dir. 92/43/CEE): 91AA*, 92A0, 9340, 9180*, 91M0 dettagli   »
Specie
Note

Habitat All. 1 Dir. 92/43/CEE

Foresta Gallipoli - Cognato

91AA* - Boschi orientali di quercia bianca

92A0 - Foreste a galleria di Salix alba e Populus alba

9340 - Foreste di Quercus ilex e Quercus rotundifolia

9180* - Foreste di versanti, ghiaioni e valloni del Tilio-Acerion

91M0 - Foreste Pannonico-Balcaniche di cerro e rovere

6210(*) - Formazioni erbose secche seminaturali e facies coperte da cespugli su substrato calcareo (Festuco-Brometalia) (*stupenda fioritura di orchidee)

91B0 - Frassineti termofili a Fraxinus angustifolia

3150 - Laghi eutrofici naturali con vegetazione del Magnopotamion o Hydrocharition

8210 - Pareti rocciose calcaree con vegetazione casmofitica

Specie All. 2 Dir. 92/43/CEE e all.1 dir. 79/409/CEE

Foresta Gallipoli - Cognato



Il sito comprende gran parte della Foresta di Gallipoli Cognato, la più estesa delle foreste demaniali della Basilicata. Si estende a nord-ovest fino a comprendere un tratto del fiume Basento, mentre a sud-est il confine si spinge fino al torrente Salandrella. Il limite sud-occidentale segue il crinale di Costa La Rossa che digrada ripidamente nella Valle della Rossa. Il territorio comprende i rilievi di M.te La Croccia (1151 m s.l.m.), M.te Malerba (1093 m s.l.m.) e numerosi valloni che si sviluppano da nord-ovest a sud-est.

L’area inclusa nel sito ricade nei comuni di Accettura, Calciano e Oliveto Lucano occupando una superficie complessiva di 4.289 ettari; è inclusa interamente nel Parco Regionale di Gallipoli Cognato – Piccole Dolomiti Lucane.

Inquadramento geologico

I terreni affioranti nel SIC IT9220130 Foresta Gallipoli-Cognato dell’AREA 10 sono identificati come: Argille Varicolori Auct. databili dal Cretaceo - Miocene (Boenzi et al., 1971); Flysch Rosso (Pescatore & Tramutoli, 1980) del Cretaceo superiore -Miocene inferiore; Flysch Numidico (Ogniben, 1969) di età Aquitaniano - Burdigaliano; Flysch di Gorgoglione (Selli, 1962; Ciaranfi, 1972) datato al Langhiano medio-Tortoniano inferiore (Boenzi & Ciaranfi, 1970); Formazione di Serra Palazzo (Selli, 1962) di età Elveziano-Langhiano e i terreni Plio-pleistocenici (Boenzi et al., 1968; Caldara et al., 1993), in accordo con quanto riportato nella Carta Geologica D’Italia 1:100.000 Foglio 200 - Tricarico (Boenzi et al., 1971).

Argille Varicolori

Le Argille Varicolori sono costituite da argilliti grigie, marne di colore verde chiaro o grigie, calcari con liste di selce, calcilutiti, calcari marmosi grigi e calcareniti che presentano in alcuni affioramenti laminazione incrociata e ondulata. Si vuole mettere in evidenza che stratigraficamente le Argille Varicolori si trovano alla base del Flysch Rosso. In discordanza sulle Argille Varicolori poggiano i terreni del Flysch di Gorgoglione.

Secondo l’interpretazione di Ogniben (1969) le Argille Varicolori sarebbero riferite al Complesso Sicilide la cui successione sarebbe data: dal Flysch di Nocara, Argille Varicolori, Tufiti di Tusa, Flysch di Gorgoglione. Nella media valle del Basento (Pescatore et al. 1988) riconoscono che le Unità Sicilidi hanno una successione differente rispetto a quella riportata da Ogniben (1969), mentre riconoscono un’Unità Lagonegrese di Campomaggiore (Pescatore & Tramutoli, 1980) dove il Flysch Rosso di età Cretaceo superiore-Miocene inferiore è alla base del Flysch Numidico. La diversa interpretazione degli autori citati in precedenza trova riscontro nelle variazioni mineralogiche e geochimiche osservate nelle suddette formazioni argillose (Cavalcante et al., 2003), Argille Varicolori (Ogniben, 1969) e Flysch Rosso (Pescatore & Tramutoli, 1980), le variazioni mineralogiche farebbero ritenere che i sedimenti argillosi potrebbero essersi depositati in due differenti bacini (Cavalcante et al., 2003). Le Argille Varicolori affiorano nella porzione a S del fosso Canneto nei pressi della zona di Ermoli, in località Manca Giliberti a W della V. del Salice, procedendo verso E affiorano nella porzione più orientale della località Capo Levata, procedendo lungo l’alveo del torrente Salandrella.

Flysch Rosso

Il Flysch Rosso è caratterizzato dalla presenza di argilliti di colore rosso intenso, a volte le argilliti presentano colore grigio - verde, intercalati alle argilliti rosse si rinvengono strati di calciruditi i cui granuli sono a spigoli vivi, tra i clasti si rinvengono frammenti di selce di colore bruno.

In affioramento (Valle del Salice) sono presenti strati di calcareniti e calciruditi al cui interno sono inclusi fossili rimaneggiati dell’Eocene come: nummuliti, alveoline, discocicline ecc. Caratteristici sono alcuni strati di marne marrone scuro, che testimoniano una forte presenza di ossidi di ferro e manganese, ciò è il risultato di una scarsa sedimentazione. Il Flysch Rosso è notevolmente piegato, ciò si evince dalle diverse giaciture rilevate, alcuni strati si presentano all’affioramento rovesciati e questo dato indica ulteriormente l’assetto strutturale di questi terreni. Il Flysch Rosso ora descritto fa parte dell’Unità Lagonegrese di Campomaggiore, così come descritta da Pescatore et al. (1988); viene detto Flysch Rosso esterno, in quanto, si deposita al margine esterno del bacino di Lagonegro nella porzione adiacente alla piattaforma Apula, infatti l’apporto carbonatico che si rinviene in questi sedimenti proviene da tale piattaforma. E’ considerato il termine di transizione tra le Argille Varicolori e il Flysch Numidico (Pescatore et al., 1988). Il Flysch Rosso affiora al Bosco di Gallipoli e a Valle del Salice.

Flysch Numidico

Il Flysch Numidico precedentemente noto anche come Formazione di Stigliano (Selli, 1962) è rappresentato da quarzoareniti mature, i granuli di quarzo sono ben arrotondati, gli strati hanno lo spessore di alcuni metri e intercalati agli strati di quarzoareniti si rinvengono livelli di argilloscisti e marnoscisti di colore grigio; lo spessore di tali strati è decimetrico, 15 - 20 cm.

L’arenaria presenta estesamente un colore giallo ocra dovuto all’alterazione, ma è possibile trovare in affioramento alcuni strati che preservano il colore originale grigio chiaro. L’arenaria non classata spesso è gradata, il minerale prevalente è il quarzo ma si possono trovare granuli di feldspati e altri minerali accessori, a volte si rinvengono clasti di diametro di 5-6 mm che rappresentano un microconglomerato, il cemento argilloso è scarso o assente. Il Flysch Numidico affiora lungo la dorsale di Costa la Rossa, a Cinto Paola, a Monte Malerba, e a Monte Croccia che sono le principali culminazioni di tali terreni. Da evidenziare il sito archeologico di Monte Croccia che può essere definito un geoarcheo sito in quanto i cblocchi formanti le mura sono di Flysch Numidico

Flysch di Gorgoglione

Il Flysch di Gorgoglione è costituito da un’alternanza di termini litologicamente ben distinguibili (Boenzi et al., 1968) e datato al Langhiano superiore-Tortoniano inferiore (Boenzi & Ciaranfi, 1970):

  1. un termine marnoso-siltoso-arenaceo;
  2. un termine arenaceo-pelitico;
  3. un termine arenaceo.

Nella Foresta Gallipoli-Cognato affiorano i terreni di tipo arenaceo-pelitici e terreni arenacei (Boiano, 1997; Loiacono, 1993).

Il termine arenaceo affiora estesamente lungo a N del torrente Salandrella, nella porzione orientale di Cinto Paola. Lo spessore degli strati nel membro arenaceo è variabile da 1 m fino ad alcuni metri. L’arenaria presenta un colore grigio intenso, i clasti sono a spigoli vivi, i minerali presenti sono: il quarzo, le miche, i feldspati; il cemento è di natura calcarea. Alcuni banconi presentano alla base dei granuli di alcuni mm e procedendo verso l’alto dello strato la granulometria diminuisce, quindi si riconosce una gradazione diretta. A volte si possono riscontrare interi banchi costituiti da microconglomerato (Critelli & Loiacono, 1992), a luoghi alla base degli strati si trovano frammenti di argille inglobate nel sedimento. Intervallate ai grossi banchi arenacei si rinvengono strati di argilliti grigie dallo spessore di 15-20 cm. Il membro arenaceo-pelitico è rappresentato da una alternanza di siltiti e peliti di colore grigio in cui sono intercalati strati di arenarie sottili si possono riconoscere strutture sedimentarie come laminazioni ondulate e parallele, lo spessore degli strati pelitici è di 10-15 cm. Il Flysch di Gorgoglione affiora a N della Salandrella, nella porzione orientale di Cinto Paola e a NE del J.zo del Salice e in località Piazzola Manca Giliberti; tali osservazioni sono coerenti con dati bibliografici più recenti (Piedilato & Prosser, 2005; Bonini et al., 2010).

 
Formazione di Serra Palazzo

La denominazione di Formazione Serra Palazzo fu suggerita da Selli (1962) per individuare i terreni di un flysch arenaceo-calcareo-marnoso, che è prevalentemente arenaceo e solo a luoghi calcareo-marnoso. A seconda del litotipo prevalente è possibile riconoscere tre membri parzialmente eteropici (Boenzi et al., 1968), sono correlabili con il Flysch di S. Bartolomeo, il Flysch di Faeto e con le Marne di Toppo Capuana (Crostella & Vezzani, 1964) e affioranti nella Daunia.

La Formazione di Serra Palazzo affiora lungo la strada che conduce a Monte Croccia, sono visibili strati di calcari di colore bianco di spessore decimetrico con intercalari livelli marnosi bianchi il cui spessore varia da pochi cm fino mentre a luoghi lo spessore può essere anche 40-50 cm, i livelli marnosi presentano pencil structures, in tale affioramento è possibile osservare una box fold, tali osservazioni sono in accordo con quanto riportato da Bonini et al. (2010), che riconoscono una scaglia tettonica costituita dalla Formazione Serra Palazzo nei pressi di Monte Croccia. Ulteriori affioramenti di tali terreni si ritrovano in Prossimità del Bosco di S. Domenica e sono interessati anche da deformazioni gravitative profonde di versante, i fenomeni franosi sono riconducibili a espandimenti laterali, a scorrimenti rototraslazionali multipli e a grandi colate (Polemio & Sdao, 1996).

Terreni Plio-pleistocenici

I terreni Plio-pleistocnici poggiano in discordanza sulle unità descritte in precedenza, appartengono al ciclo sedimentario della Fossa Bradanica (Boenzi et al., 1968). N questa serie si possono distinguere un termine:

  1. conglomeratici poligenico con elementi grossolani;
  2. sabbioni conchigliari a grana grossolana ben cementati e stratificati a luoghi con stratificazione incrociata. I sabbioni contengono livelli di conglomerati poligenici e il contenuto fossilifero p costituito da  gusci di lamellibranchi (pettinidi, ostreidi, veneridi);
  3. Argille grigio azzurre talora gialle per alterazione etreropiche con i sabbioni.

I terreni Plio-pleistocenici si rinvengono nei pressi del Bosco di Cognato a sud del fiume Basento, tali depositi sono denominai Sintema del Basento da Bonini et al. (2010) e sono costituiti prevalentemente da sabbie.

Caratteristiche dei Suoli

I dati sui suoli sono stati ricavati dalla Carta Pedologica pubblicata dalla Regione Basilicata-Dipartimento Agricoltura, Sviluppo rurale, Economia Montana (DASREM, 2006). I suoli si sono sviluppati da rocce sedimentarie quali il Flysch Numidico (Suoli Macchia Fornella e Suoli la Giova) e la Formazione Serra Palazzo (Suoli S. Pietro) e hanno un profilo moderatamente evoluto per brunificazione e talora melanizzazione; talvolta sono poco evoluti e raramente lisciviati.

I suoli Macchia Fornella sono profondi o moderatamente profondi, sono limitati dalla roccia poco alterata, la tessitura è franco sabbiosa, franca o franco argillosa, lo scheletro varia da scarso a frequente. Il drenaggio è buono, la permeabilità è alta. Essi sono classificati come: Typic Haploxerepts loamy, mixed, superactive, mesic (USDA; 1998). I suoli La Giova sono evoluti, e hanno un profilo ben differenziato, è presente un epipedon mollico, con moderato contenuto di sostanza organica al di sopra di un orizzonte argillitico grigio. La tessitura è sabbiosa e franco sabbiosa in superficie, mente in profondità è franco sabbiosa argillosa; lo scheletro è assente o scarso, la permeabilità è bassa e il drenaggio è mediocre. Sono classificati come: Oxyaquic fine loamy, mixed, active, mesic (USDA; 1998). I suoli S. Pietro (Località Tempa Fica, Accettura) sono suoli profondi, la tessitura è franco sabbiosa o franco sabbiosa argillosa, lo scheletro è assente o scarso. Il drenaggio è buono e la permeabilità è bassa. Essi sono classificati come: Typic Haploxerepts fine loamy, mixed, active, mesic (USDA; 1998).

IL CLIMA

Il territorio del sito è incluso nella Regione Biogeografica Mediterranea. Il clima è "mediterraneo di transizione" con periodo xerotermico da giugno a metà agosto. Dai diagrammi pluviometrici di Bagnouls & Gaussen   si può dedurre che il periodo arido dura circa due mesi e mezzo, da giugno ad agosto. Il quoziente pluviometrico di Emberger delle stazioni pluviometriche più prossime al sito è mediterraneo umido.

 

Il bosco di Gallipoli-Cognato è un sito di rilevante interesse paesaggistico e naturalistico, quasi interamente ricoperto da foreste decidue. Si tratta in gran parte di querceti caducifogli dominati dal cerro (Quercus cerris), a cui si possono trovare associati il farnetto (Q. frainetto), la roverella (Q. pubescens s.l.), la rovere meridionale (Q. petraea ssp. austrotyrrhenica). Questi boschi sono in gran parte riferibili all’habitat  91M0 Foreste Pannonico-Balcaniche di cerro e rovere, in cui sono stati recentemente inquadrati i querceti decidui dell’Italia meridionali, simili per composizione floristica e caratteristiche ecologiche, a quelli della penisola balcanica. Dal punto di vista fitosociologico nell’ambito di queste formazioni forestali si possono ulteriormente distinguere diverse associazioni vegetali come il Physospermo verticillati-Quercetum cerridis, caratterizzata da specie quali Helleborus foetidus, Cornus mas, Vinca major e Vicia grandiflora che è la tipologia più rappresentata. Lungo le linee d’impluvio e su suoli più umidi si rinvengono aspetti di cerreta caratterizzati dalla presenza abbondante di Fraxinus oxycarpa, con un ricco strato erbaceo con un’abbondante fioritura di Ranunculus velutinus. Questi boschi sono già stati descritti da Aita et al. (1977) come una variante termo-igrofila dell’associazione tipica. In alcuni casi il frassino diviene dominante e questi aspetti sono stati riferiti all’habitat 91B0 Frassineti termofili a Fraxinus angustifolia. Un’altra variante interessante della cerreta tipica è quella caratterizzata dalla presenza di Quercus frainetto, che in alcune stazioni tende a diventare codominante insieme al cerro. In condizioni  più termofile e su superfici più drenate prevale il bosco sempreverde caratterizzato dalla dominanza del leccio (habitat 9340 Foreste di Quercus ilex e Quercus rotundifolia). Le leccete più estese ricadono ai margini del sic, in particolare lungo il versante sud-occidentale di Costa la Rossa. Sempre a bassa quota si rinvengono boschi a roverella (Q. pubescens) quasi sempre mista al cerro e/o al leccio, riconducibili al Centaureo-Quercetum pubescentis (Zanotti et al., 1993). Queste formazioni possono essere inquadrate nell’habitat 91AA* Boschi orientali di quercia bianca, a cui sono stati recentemente riferiti i boschi di roverella dell’Italia peninsulare secondo il manuale italiano d’interpretazione degli habitat d’interesse comunitario. Lungo i versanti più accidentati il querceto si arricchisce di elementi tipici delle forre umide come Tilia platyphyllos, Corylus avellana, Acer sp. pl., Ostrya carpinifolia.

Si rinvengono lembi di bosco ripariale lungo il margine del sito che costeggia il Fiume Basento, si tratta di formazioni caratterizzate da specie igrofile quali Populus nigra, Alnus glutinosa, Salix sp. pl.

Importante significato ecologico assumono le piccole pozze artificiali utilizzate per il bestiame, in alcuni casi le sponde si sono naturalizzate e sono colonizzate da specie acquatiche quali Potamogeton nodosus, Lemna minor, Callitriche stagnalis, Alisma plantago-aquatica, ecc. In primavera queste pozze d’acqua sono completamente ricoperte da vistose fioriture di ranuncoli acquatici e anfibi quali Ranunculus sardous, R. ophioglossifolius, R. aquatilis, R. tricophyllus.

Sotto il profilo faunistico è opportuno sottolineare l’estrema eterogeneità delle comunità faunistiche rilevate, risultato della complessità ambientale ivi presente e dello stato di conservazione soddisfacente di molti settori dell’area di studio.

Nelle estese foreste di Costa della Rossa o di Monte Croccia, ad esempio, risultano ben caratterizzate le comunità ornitiche tipiche di tali ecosistemi, rappresentate da alcune specie forestali aventi indubbio valore di bioindicazione (Dendrocopos medius, Ficedula albicollis), in tali contesti presenti con elevate densità.

Le aree più termofile ospitano alcune specie tipicamente mediterranee (Sylvia melanocephala, Sylvia cantillans) mentre le ampie radure al margine del bosco offrono nicchi idonee alla nidificazione di alcune specie tipiche degli ambienti cacuminali e steppici (Lullula arborea, Lanius collurio, Lanius senator).

Di particolare interesse conservazionistico è la popolazione nidificante di Nibbio reale Milvus milvus, ivi presente con almeno 10-12 coppie, a fronte di una popolazione regionale pari a 180-200 coppie nidificanti e ad una popolazioni nazionale che non supera le 400 coppie nidificanti (Allavena et alii, 2008).

Le poche zone rupicole presenti, ad esempio a ridosso di “Costa La Rossa” oppure nell’area di “Carbotto”, offrono siti riproduttivo idonei al Falco pellegrino Falco peregrinus, rilevato con una coppia nidificante, e al Passero solitario Monticola solitarius.

Più dettagliatamente il sito assume grande rilevanza per la conservazione delle seguenti specie inserite nell’All. I della dir. “Uccelli”:

Biancone (Circaetus gallicus). Almeno due coppie nidificano all'interno del SIC. Specie piuttosto rara e localizzata nel centro-Sud, con appena 15-18 coppie stimate per la Basilicata (Sigismondi et alii, 1995). I possibili fattori di rischio sono da individuare nel disturbo ai nidi, tagli indiscriminati in particolare lungo i versanti, abbattimenti illegali, impatto contro linee elettriche e cavi sospesi.

Nibbio reale (Milvus milvus). Specie diffusa in tutto il Sic, con almeno 10-12 coppie nidificanti nei settori forestali. Un ricerca condotta nel 2004 in un’area campione del Parco di Gallipoli Cognato e Piccole Dolomiti Lucane, ha consentito di stabilire una densità di 0,32 cp/Km², con una preferenza nella selezione dei nidi per le aree forestali prossime a piccoli nuclei abitati e/o pascoli e coltivi (Mallia et alii, 2005). L’intero SIC svolge un ruolo centrale per la conservazione del Nibbio reale, la cui popolazione Italiana è concentrata per oltre il 60% in Basilicata (Allavena et alii, 2008).   

Picchio rosso mezzano (Dendrocopos medius). Diffuso in gran parte del SIC con maggiori frequenze di rilevamento presso Mt. Croccia, Costa la Rossa e Mt. Malerba. Interessante la nidificazione accertata presso “Carbotto” a 450 m. slm., quota minima rilevata in Italia (Brichetti & Fracasso, 2007). Relitto glaciale, è distribuito con maggiore continuità in Europa centro-orientale e balcanica mentre in Italia risulta localizzato in Basilicata, Calabria, Foresta Umbra e con pochissime coppie anche nel Parco Nazionale d’Abruzzo. Nonostante gli scarsi dati disponibili, sembra che la Basilicata ospiti oltre l’80% della popolazione nazionale (Brichetti & Fracasso, op. cit.), dunque la sua diffusione all’interno del SIC in esame rende il territorio di centrale importanza per la conservazione di questo raro piciforme. I possibili fattori di minaccia sono da ricercarsi in eventuali piani di taglio a danno delle formazioni forestali meglio diversificate, la rimozione dei tronchi morti o marcescenti e la “ripulitura” del suolo.

Balia dal collare (Ficedula albicollis). La specie è risultata diffusa nelle cerrete di Mt. Croccia e Costa La Rossa, dove condvidue l’habitat con il Picchio rosso mezzano. Utilizza tronchi morti o marcescenti ricchi di cavità dove costruire il nido e tende a preferire le formazioni forestali mature e disetanee, con uno sviluppo complesso dei piani vegetazionali, cacciando gli insetti sulla chioma e nidificando nel settore medio-basso del tronco (Brichetti & Fracasso, 2009; Sarrocco & Calvario, 2004). Specie molto esigente sotto il profilo ecologico, risulta in marcato declino in tutto il suo areale a causa delle modifiche al territorio imposte negli ultimi decenni. I possibili fattori di rischio, dunque, sono da individuare nei tagli boschivi, nella rimozione di tronchi morti o marcescenti, nell’impoverimento del sottobosco e nella ripulitura del suolo.

Rinvenuta una traccia ascrivibile al Lupo (Canis lupus), presenza peraltro ampiamente accertata in base alla documentazione disponibile presso l’Ente Parco di Gallipoli-Cognato e Piccole Dolomiti Lucane, inerente numerosi casi di aggressione al bestiame domestico e diversi casi di abbattimenti illegali.

FLORA:

Le ricerche avviate nel sito hanno messo in evidenza le peculiarità floristiche e vegetazionali rispetto al contesto del territorio regionale e nazionale. Il sito ospita alcune specie ad areale ristretto e/o endemiche le cui popolazioni meritano di essere tutelate in modo rigoroso.

Nel sito non sono state rilevate specie vegetali d’interesse comunitario, ma sono presenti numerose entità endemiche, rare e di interesse conservazionistico. La cerreta, ed in particolare le piccole radure , ospitano diverse specie particolarmente rare nel resto del territorio, fra queste è stata rilevata Heptaptera angustifolia, endemismo esclusivo lucano noto in poche località della regione. Finora la specie è stata rinvenuta all’interno del sic in due sole località con pochi individui, ulteriori indagini saranno necessarie per quantificare meglio la consistenza nell’area ed il suo stato di conservazione.  Altri endemismi di interesse conservazionistico sono Knautia lucana, endemismo esclusivo lucano, segnalata a Tempa Castello e Monte Malerba (da Fascetti & Navazio, 2007); Epipactis meridionalis, orchidea endemica dell’Italia meridionale e Quercus petraea ssp. austrotyrrhenica segnalata  a Costa la Rossa e sul Monte Croccia (Fascetti & Navazio, 2007). Altra specie endemica di un certo interesse è rappresentato da Dianthus vulturius, entità appartenente ad un gruppo di difficile interpretazione sistematica.

Tra le specie d’interesse conservazionistico spicca Paeonia mascula, dalle appariscenti fioriture, specie considerata vulnerabile a livello regionale. E’ stata rinvenuta in una sola località, anche per questa specie saranno necessarie ulteriori indagini per quantificare meglio la consistenza  nell’area ed il suo stato di conservazione. 

Tra le specie arboree ed arbustive bisogna menzionare la presenza di Tilia cordata, Acer lobelii, Ilex aquifolium, Fraxinus oxycarpa, Ulmus glabra, tutte legate ad un microclima più oceanico o a condizioni edafiche più igrofile, che si localizzano lungo le linee d’impluvio e nei valloni.

Alla flora del sottobosco e delle radure appartiene un ricco contingente di orchidee fra le quali sono state rilevate Dactylorhiza romana, Orchis tridentata, Orchis mascula, Ophrys exaltata, oltre alla già citata Epipactis meridionalis.  Altre orchidee rilevate finora al margine del SIC, sono presumibilmente presenti anche all’interno, tra queste sono state recentemente rilevate Himantoglossum hircinum, Ophrys lacaitae e Ophrys fuciflora s.l. Tra le bulbose a fioritura primaverile sono da citare Romulea bulbocodium, Crocus biflorus, Scilla bifoliaColchicum bivonae e Cyclamen hederifolium caratterizzano invece il sottobosco nel periodo autunnale.

FAUNA

Nel SIC sono state individuate 19 specie faunistiche di interesse comunitario; di queste, 12 specie di Uccelli risultano inserite nell’All. I della dir. 79/409 CEE, 2 specie di Mammiferi, 2 di Rettili e 3 di Anfibi sono inserite nell’All. II della Dir. 92/43 CEE mentre ulteriori 2 specie di Anfibi e 1 di Rettili risultano nell’All. IV della Dir. 92/43/CEE. A testimonianza della relativa integrità delle cerrete ivi presenti e della molteplicità di nicchie ecologiche rappresentate, si sottolinea la simpatria di 4 specie di Picidi: Picchio verde (Picus viridis), Picchio rosso maggiore (Dendrocopos major), Picchio rosso mezzano (Dendrocopos medius), Picchio rosso minore (Dendrocopos minor). Di particolare interesse risultano le elevate densità con cui è stato rilevato il Picchio rosso mezzano, specie molto rara e localizzata in Italia, e in declino su scala europea.

La comunità ornitica si caratterizza per una notevole densità delle specie più spiccatamente forestali e legate alla presenza di cavità e crepe nei tronchi. Abbondanze elevate sono state infatti osservate, ad esempio, per il Picchio muratore (Sitta europaea) e per il Rampichino comune (Certhia brachydactyla), entrambi considerati dei buoni indicatori della complessità forestale (Gregory et alii, 2004). La nidificazione, inoltre, di specie localizzate sul territorio regionale, come il Codirosso comune (Phoenicurus phoenicurus), il Tordo bottaccio (Turdus philomelos) e il Frosone (Coccothraustes coccothraustes), avvalorano ulteriormente l’importanza di tale biotopo nel panorama ornitologico regionale.

Inoltre si sottolinea la nidificazione di diverse coppie di Nibbio reale (Milvus milvus) e di Nibbio bruno (Milvus migrans), entrambe presenti con elevate densità. DI notevole interesse anche la nidificazione dell’Astore (Accipiter gentilis), specie rara e localizzata in Italia meridionale (Brichetti & Fracasso, 2003).

La componente erpetologica è rappresentata da alcune specie inserite in direttiva “Habitat” nell’allegato IV, come il Tritone italiano (Lissotriton italicus), la Rana appenninica (Rana italica) e il Saettone occhirossi (Zamenis lineatus). Tuttavia, sono state rinvenute anche tre specie nell’All. II della Dir. Habitat, vale a dire Cervone (Elaphe quatuorlineata), Salamandrina dagli occhiali (Salamandrina terdigitata) e Tritone crestato italiano (Triturus carnifex). E’ plausibile che queste ultime due specie siano più diffuse all’interno del SIC di quanto fin ora accertato, dunque si suggerisce l’opportunità di condurre indagini ad hoc, per stabilire l’esatta distribuzione delle specie sul territorio, al fine di meglio orientare i futuri piani di gestione.

Alcune specie precedentemente segnalate nel formulario non sono state osservate durante la presente campagna di rilevamento. Nel dettaglio si espongono di seguito le considerazioni specie-specifiche:

Gufo reale (Bubo bubo). Specie NON rilevata. Si ritiene la sua presenza altamente improbabile per la scarsa idoneità del SIC in esame. Il Gufo reale, infatti, nidifica quasi esclusivamente su pareti inaccessibili, dove costruisce il nido in nicchie o cenge (Brichetti & Fracaso, 2006). L’assenza di strutture rupicole adatte suggerisce l’ipotesi che la specie sia stata segnalata per errore all’epoca della predisposizione del formulario standard. Si propone di ESCLUDERE la specie dal formulario ufficiale.

Lutra lutra. Specie NON rilevata. Si ritiene altamente probabile la frequentazione del SIC da parte della specie, almeno lungo il Fiume Basento in località “Ponte della Vecchia”, dal momento che è la sua presenza nel bacino del Basento è ampiamente nota e definita come una delle popolazioni più importanti d’Italia (Panzacchi et alii, 2010; Prigioni, 1988). E’ possibile che la sua presenza sia sfuggita al rilevamento fin ora condotto. Si propone di INCLUDERE la specie nel formulario ufficiale con consistenza di popolazione ignota avvalendosi del codice generico di presenza (P).

Bombina pachypus. Specie NON rilevata. Si ritiene possibile la sua presenza, soprattutto in virtù dei diversi siti potenzialmente idonei rinvenuti (cibbie, fontanili, abbeveratoi). Sono state raccolte, inoltre, testimonianze ritenute attendibili circa osservazione della specie in anni passati. E’ possibile che l’Ululone sia sfuggito al rilevamento condotto fin ora, ci si riserva di confermarne la presenza nei prossimi mesi. Si propone di INCLUDERE la specie nel formulario ufficiale con consistenza di popolazione ignota avvalendosi del codice generico di presenza (P).

Emys orbicularis. Specie NON rilevata. Si ritiene possibile la sua presenza, soprattutto in virtù dei diversi siti potenzialmente idonei rinvenuti (pozze per l’abbeverata, acquitrini lungo il Basento). Sono state raccolte, inoltre, testimonianze ritenute attendibili circa osservazione della specie in anni passati. E’ possibile che la Testuggine palustre sia sfuggita al rilevamento condotto fin ora, ci si riserva di confermarne la presenza nei prossimi mesi. Si propone di INCLUDERE la specie nel formulario ufficiale con consistenza di popolazione ignota avvalendosi del codice generico di presenza (P).

Archeologia

Il SIC include al suo interno la Riserva antropologica dello Stato di Monte Croccia istituita nel 1971  che tutela l’area archeologica di Croccia Cognato. La riserva, di 36 ettari, include i resti di un antico centro abitato fortificato, risalente al IV-VI secolo a.C. Si tratta di una lunga cinta muraria (costituita da 3 circuiti di mura, di cui quello meglio conservato difende l'acropoli dell'abitato) composta da blocchi perfettamente tagliati e la cui tecnica costruttiva fu certamente ereditata dalle colonie greche lungo la costa. La muratura che cinge l'acropoli si estende per una lunghezza totale di oltre 2.000 metri e racchiude un'area di circa 3 ettari; l'area archeologica invece, si estende per una superficie di circa 6 ettari.

La porta monumentale dell’acropoli è costituita da una doppia apertura che delimita un vano a pianta rettangolare. Le fortificazioni risultano costruite secondo canoni tipicamente greci: blocchi di pietra viva regolari, di grandi dimensioni, sovrapposti gli uni agli altri, in poche file senza malta. I massi presentano a volte segni alfabetici, scolpiti con una serie di fori continui, che erano generalmente usati nelle cave per contrassegnare la quantità di lavoro eseguito. Nella cinta muraria alta si distinguono un paramento esterno, un paramento interno ed un emplècton, un riempimento costituito da pietrame e terra che, in alcuni tratti, con il suo peso, ha spostato i blocchi del paramento esterno che risultano inclinati. La posizione dominante di Monte Croccia consentiva, di tenere sotto controllo sia il Basento che la Salandrella, i due corsi d’acqua che scorrono nel fondovalle e che rappresentavano le vie di comunicazione in direzione dello Jonio, quindi le strade di penetrazione dei Greci verso l’interno (Malaspina, 2010).

Alla stessa età sono da attribuire anche le tombe rinvenute in località Pietre della Mola dove i ripari in cavità sotto la roccia evidenziano una lunga utilizzazione da parte dell’uomo. Un gruppo di ricerca ha iniziato lo studio di quest’altro complesso megalitico rivelando che il complesso presenta allineamenti diretti alla posizione del Sole al mezzogiorno ed al tramonto del solstizio d’inverno ed altri che segnalano quella agli equinozi ed al solstizio d’estate. E’ quindi probabile che il megalite sia stato utilizzato dagli antichi abitanti del Monte Croccia come un “calendario di pietra” per segnalare date particolari dell’anno, a scopo rituale ed a fini pratici.

Zootecnia

I sistemi zootecnici hanno rappresentato per secoli esempi di sostenibilità grazie al mantenimento di un equilibrio ambientale tipico. L’allevamento di bestiame  è praticato nell’area da lungo tempo e fino agli anni ’60 era diffuso capillarmente anche su tutto il territorio circostante. Negli ultimi decenni però tali sistemi hanno presentato una rapida evoluzione: parallelamente al progressivo spopolamento umano delle aree, il numero di capi allevati si è ridotto consistentemente e la consuetudine di spostare gli animali per periodi prolungati in altre aree (transumanza) è praticamente scomparsa. I segni più evidenti relativi alle attività di allevamento praticate nell’area sono riconducibili quindi ad un eccesso di utilizzo delle disponibilità trofiche, specialmente nelle aree a più facile accessibilità per il bestiame, ed a situazioni di compattazione del terreno, oltre che a danni alla componente arborea soprattutto per quanto riguarda lo stato della rinnovazione. La pratica dell’allevamento ha creato e mantenuto ambienti seminaturali aperti, caratterizzati da un’elevata diversità floristica e da specie di invertebrati e vertebrati ad essi legate. Le poche aziende rimaste praticano il pascolamento libero non controllato che causa un rapido declino della composizione floristica e della diversità specifica delle formazioni prative, il degrado del cotico erboso e, soprattutto, l’impossibilità di rinnovamento delle essenze forestali. Va tenuto comunque in considerazione il fatto che una completa cessazione del pascolo condurrebbe alla scomparsa degli ambienti aperti a prevalenza di vegetazione erbacea, mettendo a rischio numerose emergenze sia floristiche che faunistiche ad essi associate (San Miguel, 2008; Calaciura e Spinelli, 2008).“