Lago S. Giuliano e Timmari


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Nome Lago S. Giuliano e Timmari
Codice IT9220144
Tipo C
Estensione 2.574 ha
Comuni
Province
Habitat (All. 1 Dir. 92/43/CEE): 5330, 3280, 9340, 6220*, 3170* dettagli   »
Specie
Note

Habitat All. 1 Dir. 92/43/CEE

Lago S. Giuliano e Timmari

5330 - Arbusteti termo-mediterranei e pre-desertici

3280 - Fiumi mediterranei a flusso permanente con vegetazione dell’alleanza Paspalo-Agrostidion e con filari ripari di Salix e Populus alba.  

9340 - Foreste di Quercus ilex e Quercus rotundifolia

6220* - Percorsi substeppici di graminacee e piante annue dei Thero-Brachypodietea

3170* - Stagni temporanei mediterranei

Specie All. 2 Dir. 92/43/CEE e all.1 dir. 79/409/CEE

Lago S. Giuliano e Timmari



Il SIC di S. Giuliano e Timmari è una “zone umide”, cioè un’area in cui le presenze floro – faunistiche sono più strettamente legate alla presenza dell’acqua, e che offre quindi una situazione molto particolare dal punto di vista naturalistico – ambientale.

Il SIC si trova in Basilicata, nei comuni di Matera, Miglionico e Grottole, in provincia di Matera e copre un’estensione di 2574 ha (secondo la nuova perimetrazione proposta). Dal punto di vista altimetrico, il territorio varia da 452 m s.l.m., sulla collina di Timmari, a circa 80 m in prossimità dello sbarramento (con una quota media di 150 m).

Il lago si presenta come un invaso artificiale creato dallo sbarramento sul fiume Bradano avvenuto tra il 1950 e il 1957 all’interno di una serie di opere programmate dal Consorzio di Bonifica di Bradano e Metaponto per l’utilizzo delle acque del fiume Bradano per esigenze agricole e produttive della collina materana. Il lago che si è venuto a formare è lungo circa 10 chilometri e presenta insenature suggestive.

L’intera area protetta include un tratto fluviale a monte del lago, il lago vero e il versante meridionale della collina di Timmari. Il Bradano nasce nei pressi del Monte Vulture e sfocia nel Mar Ionio nei pressi di Metaponto. Le acque del fiume che si raccolgono nell’invaso occupano una superficie di circa 8 Km quadrati, il volume del corpo idrico, invece, è calcolato intorno ai 100 milioni di metri cubi.

Il paesaggio che circonda l’invaso muta con il variare delle stagioni e della diversa disponibilità idrica dell’invaso stesso. In primavera il livello del lago raggiunge le aree spondali rimboschite per una maggiore disponibilità idrica; d’estate il livello dell’acqua scende a causa del minore apporto idrico del fiume e del maggiore utilizzo dell’invaso per scopi agricoli. Le ampie distese di fango depositate dal fiume Bradano presto si trasformano in ricchi pascoli erbosi per ovini e bovini.

La coltura prevalente è quella cerealicola con quote marginali di olivo, vite, ortaggi e frutta. Intorno al lago vi sono alcune masserie che allevano prevalentemente ovini e bovini.

Inquadramento geologico e morfologico

Il sito è localizzato nella porzione centro-orientale dalla Fossa Bradanica, un’ampia depressione tettonica allungata da NO a SE, colmata da sedimenti argillosi e sabbioso –conglomeratici plioquaternari. Dal punto di vista geostrutturale è un’avanfossa che si estende tra l’avampaese apulo ad E e l’Appennino meridionale ad O,  caratterizzata da un susseguirsi di rilievi collinari a sommità pianeggiante separati dai principali fiumi che solcano l’area. Le sommità dei rilievi sono generalmente limitate da un gradino sub-verticale, in corrispondenza del quale affiorano le sabbie e i conglomerati, o da versanti ripidi, ai piedi dei quali è in genere presente un tratto complessivamente meno inclinato, che corrisponde all'affioramento delle argille.

In particolare, l’area del SIC è caratterizzata dalla predominanza di argille che, a causa della loro alta erodibilità, conferiscono al paesaggio una morfologia dolce e collinare.  Le argille si sono formate circa 2 milioni di anni fa in ambiente di mare profondo e sono denominate Argille Subappennine e affiorano diffusamente intorno al lago di San Giuliano. Alla presenza delle argille è dovuta la formazione dei calanchi sul versante meridionale di Timmari e i vari fenomeni di crollo che si susseguono su entrambe le sponde del lago nei punti in cui queste sono quasi verticali.

In alcuni tratti a ridosso dello sbarramento è possibile osservare come le argille poggino sulla Calcarenite di Gravina, formatasi circa 3 milioni di anni fa. Tale formazione affiora in modo più esteso nella gravina che si apre dopo la diga. La gravina è una valle molto profonda con pareti subverticali, formatasi per l’incisione del fiume Bradano nei Calcari delle Murge del Cretaceo che affiorano sotto le calcareniti.

Il rilievo tabulare di Timmari, invece, è costituito nella sua parte sommitale dalla formazione del Conglomerato di Irsina poggiante sulle Sabbie di Monte Marano. Il primo è costituito da un conglomerato fluvio-deltizio, mentre le sabbie costituivano un’antica spiaggia. Tali formazioni sono emerse in seguito ad un sollevamento che ha interessato tutta la Fossa Bradanica a partire da 1 mlione di anni fa. Le sabbie poggiano sulle Argille subappennine. Questi sedimenti sabbioso-conglomeratici formano un’ampia superficie di colmamento di cui sono rimasti lembi residui più o meno estesi e sono riferibili al Pleistocene inferiore-medio

Caratteristiche edafiche (da http://www.basilicatanet.it/suoli/carta2.htm)

L’area del SIC appartiene alla regione pedologica 61.3 (regione dei Cambrisol-Regosols con Vertisols dell’Italia centrale e meridionale). I suoli possono essere ulteriormente distinti in base alle province podologiche: nella zona di Timmari si ritrovano i Suoli delle colline sabbiose e conglomeratiche della fossa bradanica (provincia 11), nell’area intorno al lago i suoli sono classificabili fra i Suoli delle colline argillose (provincia 12) mentre quelli che risentono direttamente della presenza del bacino idrico rientrano fra i Suoli delle pianure alluvionali (provincia 14).

La provincia pedologica 11

Sono i suoli dei rilievi collinari sabbiosi e conglomeratici della fossa bradanica, su depositi marini e continentali a granulometria grossolana, e, secondariamente, su depositi sabbiosi e limosi di probabile origine fluvio-lacustre. Sulle superfici più antiche hanno profilo fortemente differenziato per rimozione completa o ridistribuzione dei carbonati, lisciviazione, moderata rubefazione e melanizzazione, talora vertisolizzazione. Sui versanti hanno moderata differenziazione del profilo per ridistribuzione dei carbonati da intensa a iniziale, brunificazione, talora melanizzazione. Nelle superfici più instabili sono poco evoluti. Il loro uso è prevalentemente agricolo, a seminativi asciutti (cereali, foraggere) e oliveti, subordinatamente vigneti e colture irrigue; la vegetazione naturale è costituita da formazioni arbustive ed erbacee, talora boschi di roverella e leccio.

Nell’area di Timmari i suoli della sommità del rilievo e del versante rivolto a SO appartengono all’unità 11.2 che indicano suoli dei versanti delle incisioni e delle valli formatesi in seguito alla dissezione della paleosuperficie pleistocenica. Sono attraversati da un reticolo di drenaggio molto inciso e ramificato. Le pendenze sono molto variabili, in genere da moderatamente acclivi ad acclivi. Il substrato è costituito in prevalenza da sabbie (sabbie di Monte Marano), subordinatamente conglomerati (conglomerati di Irsina). Sul versante rivolto a SE i suoli sono classificati nell’unità 11.4: suoli dei versanti interessati da antichi movimenti di massa, con scarpate ripide e frastagliate verso monte, nelle quali affiora il substrato; l'utilizzazione del suolo prevalente è agricola (seminativi, oliveti); in via subordinata, nei versanti più ripidi, vi sono aree a vegetazione naturale, essenzialmente arbustiva ed erbacea. I suoli denominati Timmari si sono formati sui versanti più stabili:

  • sono suoli a profilo moderatamente differenziato per brunificazione e iniziale ridistribuzione dei carbonati,
  • sono profondi, a tessitura franco sabbiosa in superficie e sabbiosa in profondità e scheletro da scarso ad assente,
  • sono molto calcarei in tutto il profilo, talora moderatamente calcarei in superficie, alcalini in superficie e molto alcalini in profondità, con alta saturazione in basi,
  • hanno una permeabilità alta e un buon drenaggio.

Classificazione Soil Taxonomy: Typic Haploxerepts coarse loamy, mixed, superactive, thermic.
Classificazione WRB: Eutric Cambisols.

La provincia pedologica 12

Sono i suoli dei rilievi collinari argillosi della fossa bradanica, su depositi marini a granulometria fine, argillosa e limosa e, subordinatamente, su depositi alluvionali o lacustri. In prevalenza sono a profilo moderatamente differenziato per ridistribuzione dei carbonati e brunificazione, e hanno caratteri vertici; sulle superfici più erose sono poco evoluti e associati a calanchi. Sulle superfici sub-pianeggianti hanno profilo differenziato per lisciviazione, ridistribuzione dei carbonati, e melanizzazione. L'uso del suolo è a seminativo, subordinatamente a vegetazione naturale erbacea o arbustiva, spesso pascolata.

I suoli dell’area intorno al lago rientrano nell’unità 12.1: sono i suoli delle superfici ondulate, da sub-pianeggianti a moderatamente acclivi, con limitati fenomeni calanchivi e derivano dai depositi marini argillosi e argilloso-limosi.

La provincia pedologica 14

Sono i suoli delle pianure, su depositi alluvionali o lacustri a granulometria variabile, da argillosa a ciottolosa. La loro morfologia è pianeggiante o sub-pianeggiante, ad eccezione delle superfici più antiche, rimodellate dall'erosione e terrazzate, che possono presentare pendenze più alte. Sui terrazzi più antichi hanno profilo moderatamente o fortemente differenziato per rimozione o ridistribuzione dei carbonati, lisciviazione e rubefazione. Nelle aree in cui la messa in posto dei sedimenti è più recente, i suoli sono moderatamente evoluti per brunificazione e parziale ridistribuzione dei carbonati. Sulle piane attuali i suoli hanno profilo scarsamente differenziato, e sono ancora inondabili. Sono talora presenti fenomeni di melanizzazione, vertisolizzazione e gleificazione. Il loro uso è tipicamente agricolo, spesso irriguo; fanno eccezione le aree prossime ai greti dei corsi d'acqua attuali, a vegetazione naturale.

Le zone a ridosso delle aree esondabili del Bradano appartengono all’unità 14.9: suoli dei fondivalle alluvionali, compresi tra i terrazzi più antichi o i versanti e le aree più inondabili limitrofe ai corsi d'acqua. Riguardano le incisioni vallive e i fondivalle dei principali fiumi tributari dello con aree a morfologia pianeggiante o sub-pianeggiante caratterizzate da depositi alluvionali a granulometria variabile, comprendenti superfici alluvionali recenti, spesso lievemente terrazzate, coni alluvionali, fasce di colluvi alla base dei versanti, terrazzi più bassi. I sedimenti che le hanno originate sono di varia natura e composizione, in quanto sono provenienti sia dalle alluvioni del fiume principale, che da apporti più locali, di torrenti e fossi che affluiscono nella valle dai versanti soprastanti, sia di materiale colluviale, eroso dalle pendici. Queste aree sono in gran parte agricole: le aree più rilevate ospitano vigneti e oliveti, mentre le superfici servite da canali di irrigazione sono intensamente coltivate (in genere a ortaggi).

Appartengono all’unità 14.12 i suoli delle zone soggette ad inondazione: comprendono gli ampi greti dei fiumi principali e delle fiumare minori, privi di vegetazione o con vegetazione naturale di ripa e di greto, e limitate aree adiacenti, coltivate (colture arboree specializzate, colture orticole, seminativi). I materiali di partenza sono costituiti da depositi alluvionali ciottolosi e sabbiosi, con scarsa presenza delle frazioni limose e argillose.Sono suoli a profilo poco differenziato.

Caratteristiche idrografiche

La Diga di San Giuliano è un lago artificiale creato da uno sbarramento sul fiume Bradano, per l’utilizzo delle sue acque per esigenze agricole e produttive della collina materana. La sua costruzione risale agli anni ’50 ed è una delle opere principale del Consorzio di Bonifica di Bradano e Metaponto, nata sotto la spinta del programma economico di aiuti del Piano Marshall.

Lo sbarramento sorge alla stretta di San Giuliano, dove il fiume Bradano si restringe bruscamente in una forra rocciosa incisa nelle formazioni calcaree in cui si svolge il corso del fiume. La sua estensione è di 1000 ettari con una capacità di circa 100 milioni di mc, ed è compresa nei territori comunali di Grottole, Matera e Miglionico.

Nel corso delle stagioni l’invaso presenta una diversa disponibilità idrica; infatti nella stagione invernale il livello del lago raggiunge le aree spondali rimboschite. Invece d’estate il livello dell’acqua scende a causa del minore apporto idrico del fiume e del maggiore utilizzo dell’invaso per scopi irrigui e agricoli.

Di seguito si riportano in tabella alcuni dati strutturali riguardanti l’invaso di San Giuliano:

Dati strutturali

Anno ultimazione lavori

1955

Stato

Esercizio Normale

Fiume

Bradano

Altezza Diga (mt)

38,3

Capacità (Mmc)

107

Quota Max Invaso m.s.l.m.

101,6

Quota max di regolazione m s.l.m.

100,25

Volume utile di regolazione (Mmc)

90,13

Tipo di Diga

in cls a gravità massiccia

Bacino Sotteso Kmq

1631

Uso

Irrigazione

Erogazioni

 

BASILICATA

PUGLIA

TOTALE ANNUO EROGATO (mc)

 

IRRIGUO (mc)

IRRIGUO (mc)

Valore medio annuo

20.000.000

20.000.000

40.000.000

% media annua

50%

50%

100,0%

 La diga, costituita da 24 enormi blocchi in calcestruzzo armato, è lunga 314,64 metri e raggiunge un’altezza sul piano medio di fondazione di 44 metri. Lo sbarramento è dotato di 5 luci tracimabili, fornite di paratoie a settore, che consentono il deflusso superficiale delle acque dal lago, al ritmo di 1200 mc/s, quando il pelo dell’acqua è al massimo livello. Il corpo dello sbarramento è provvisto di cunicoli percorribili a piedi, in cui sono posti gli strumenti di misura che permettono ai tecnici del Consorzio di controllare l’entità dei cedimenti e la tenuta idraulica dell’impianto.

La costruzione della diga, con la conseguente creazione del lago artificiale, comporta problemi geologici molto complessi e tra i più vari che, nel caso della diga di S. Giuliano, non vennero affrontati con sufficiente attenzione.

La valle del Bradano, che a monte della stretta di S. Giuliano si presenta vasta e allargata, incisa nelle formazioni argillose, si restringe bruscamente nella stretta e prosegue incassata con le due pareti quasi a picco e con il tipico aspetto delle Gravine. Pertanto la zona della stretta, grazie alla sua morfologia e alle caratteristiche di resistenza delle rocce in posto, sembrò adatta ad uno sbarramento per invasare le acque del fiume Bradano. Quindi a monte della stretta si scelse di costruire uno sbarramento in calcestruzzo in corrispondenza della stessa. Ma dopo aver allestito il cantiere di lavoro e iniziato gli scavi, un’ampia serie di sondaggi geotecnici indicò la presenza di strati di calcare in stato di disgregazione fisica e frantumazione, tale da non poter sopportare il peso dell’opera e la spinta delle acque del lago. Si rese quindi necessario un ampio lavoro di consolidamento della roccia mediante iniezioni di calcestruzzo e cemento, prima di impostare il piano di fondazione e le spalle dell’opera di sbarramento. Inoltre i sondaggi eseguiti e le prove di assorbimento di acqua, effettuate per valutare la permeabilità della roccia, evidenziarono una scarsa tenuta idraulica della sezione di sbarramento. Invece la condizione indispensabile per la realizzazione di un lago artificiale è rappresentata dal fatto che le acque raccolte dall’invaso vi restino per il tempo occorrente alla loro utilizzazione, senza sfuggire lateralmente o dal fondo dello stesso in quantità tali da rendere vana l’opera di sbarramento. Il rischio conseguente è l’infiltrazione delle acque attraverso i terreni d’imposta di una diga, che possono provocare il crollo dell’opera. Una volta preso atto della situazione si dovette intervenire per ridurre la permeabilità dei terreni della sezione d’imposta con trattamenti consistenti di iniezioni di speciali miscele e resine impermeabilizzanti. Nell’estate del 1955 i lavori furono finalmente portati a termine.

Altro problema di carattere geologico-tecnico è quello della stabilità delle sponde e dei fianchi del lago, unitamente a quello del tempo di interrimento dell’invaso che condiziona la durata dell’impianto. Enorme importanza assume il problema della stabilità delle sponde, poiché il cedimento di queste può provocare gravissimi danni all’impianto stesso. Bisogna quindi rivolgere particolare attenzione alle conseguenze che la sommersione della valle può provocare sulla stabilità dei terreni. Furono pertanto adottati alcuni rimedi, anche se molto parziali, per prolungare il più possibile la vita del lago; essi si concretizzarono nella realizzazione di un rimboschimento delle rive del lago e di alcuni pendii e colline più prossime all’invaso.

 

Disponibilità idriche

 

10 Marzo 2009

10 Marzo 2010

 

diga

volume invasato netto (mc)

quota livello invaso

(m.s.l.m.)

volume invasato netto (mc)

quota livello invaso

(m.s.l.m.)

pioggia (mm)

differenza volumi (mc)

San Giuliano

82.658.889

100,16

82.658.889

100,16

23

0

Dati forniti dall'Ente per lo Sviluppo dell'Irrigazione e la Trasformazione Fondiaria in Puglia, Lucania e Irpinia

 IL CLIMA

Le condizioni climatiche presenti nel SIC risentono dell’azione mitigatrice del bacino idrico del Lago di San Giuliano.

Le precipitazioni sono prevalentemente concentrate nel periodo autunnale e invernale: dicembre è il mese più piovoso, agosto ha le precipitazioni più basse. La media annua è di circa 600 mm, con una sessantina di giorni piovosi. La temperatura media annua è pari a circa 16,0°C; le medie mensili registrano valori massimi a luglio ed agosto con circa 25°C,  mentre le minime sono a gennaio (circa 7°C). I dati termo-pluviometrici, interpretati secondo il diagramma di Bagnouls e Gaussen, hanno evidenziato la presenza di un consistente periodo di deficit idrico che interessa tutto il trimestre estivo e in genere anche parte del mese di settembre. La classificazione del clima secondo la formula climatica proposta da Thornthwaite, ha condotto alla formula climatica C1B'2db'4, che indica un clima subarido (C1) con indice di aridità pari a 36, secondo mesotermico (B'2) con evapotraspirazione potenziale (ETP) annua di 844 mm. Il clima si caratterizza quindi per un deficit idrico estivo, con assenza di eccedenza idrica (d con indice di umidità di 4,7), e per una concentrazione estiva dell'efficienza termica, intesa come rapporto tra ETP del trimestre estivo ed ETP annua, del 51% (b').

L’area del SIC è costituita da elementi paesaggistici molto diversi fra loro che condizionano profondamente le caratteristiche climatico-vegetazionali dall’area. Tali elementi sono il fiume Bradano e l’area in cui il fiume diventa l’immissario del lago (con limiti non definibili in quando soggetta a variazioni dovute al cambiamento di livello del bacino), le sponde del lago e il versante meridionale della collina di Timmari.

Le sponde del fiume presentano una fitta vegetazione costituita prevalentemente da foreste a galleria di Populus alba, Salix alba e Tamarix gallica affiancate da tratti pianeggianti in cui è presente una vegetazione molto riogliosa composta principalmente da Rubus ulmifolius, Rosa sempervirens, Viburnum tinus, Crategus monogyna, Pyrus peraster, Prunus spinosa, Rosa canina, Ramnus alaternus, Pistacia lentiscus, Populus nigra,  riconducibile alla composizione dei cespuglieti misti a specie del pruneto. Ai margini sono presenti piccoli tratti di gariga con presenza di Pistacia lentiscus e ginestre (Spartium junceum e Cytisus scoparium). Il tratto successivo, è quello  in cui il fiume confluisce nel lago per cui ci sono aree ricoperte da acquitrini dove è presente una formazione ripariale, parzialmente sommersa a Salix alba e Tamarix gallica. Tutta l’area è interessante per la presenza di molte specie ornitiche che vi stazionano nei diversi periodi dell’anno e, in alcuni casi, nidificano.

Le sponde del lago presentano una fascia boschiva di ampiezza variabile dai 20 ai 50 m creata artificialmente con la piantumazione di specie quali Pinus  halepensis,  Eucalyptus camaldulensis, Cupressus  sempervirens e Cupressus arizonica; tale rimboschimento è stato effettuato in concomitanza con la costruzione della diga quindi presumibilmente negli anni ’50 per creare un argine naturale alle sponde del lago. Il sottobosco è ricco di essenze tipiche della macchia mediterranea, quali Ramnus alaternus, Pistacia lentiscus, Rubus ulmifolius,  Arum italicum,  Rosmarinus officinalis, Crataegus monogyna, Asparagus acutifolius, Rosa canina, Olea europea var. sylvestris,  Ruscus acuelatus, Spartium junceum,  che prende il sopravvento nel momento in cui si creano delle radure dovute a schianti degli esemplari più vecchi; infatti, il legno morto è diffuso, sia a terra che in piedi. Da segnalare la presenza in alcuni punti di Ulmus minor e Fraxinus ornus, segno che è in atto un rinnovamento con specie autoctone. A ridosso del bosco si estendono i coltivi: principalmente agrumi, olivi e frumento sulla sponda meridionale, grano su quella settentrionale sotto la collina di Timmari. In molti tratti le sponde sono ripide e soggette ad erosione regressiva con fenomeni franosi recenti. Il fenomeno è così evidente che lungo la sponda meridionale del lago l’erosione ha inciso anche la parte coltivata; infatti in alcuni casi i fruttiferi, con tutto l’impianto d’irrigazione a goccia presente e la barriera di Cupressus arizonica sono franati. Diffusi lungo le sponde sono stati ritrovati alcuni tubi di irrigazione e delle condotte di prelievo per irrigare i campi presumibilmente abusivi.

Al di là della fascia boschiva sono presenti parzialmente sommersi, a seconda del livello dell’invaso, specie arboree ed arbustive quali Tamarix gallica, Pyrus peraster, Crateagus monogyna e Paliurus spina christi. La maggior parte delle specie erbacee sono state ritrovate lungo le insenature, nei prati che partendo dai margini del bosco degradano verso il lago; degne di nota sono: gigaro chiaro (Arum italicum), aristolochia rotonda (Aristolochia rotunda), ofride gialla (Ophrys lutea), Euphorbia dendroides, gladiolo dei campi (Gladiolus italicus), Silene italica, Salvia pratensis, malva (Malva cretica), Cynoglossum creticum, Ophrys bertolonii, Ornithogalum comosum, Leopoldia comosa, Umbilicus horizontalis. In queste zone, soprattutto dove l’acqua ristagna più a lungo e le sponde degradano dolcemente sono stati rinvenuti, all’inizio della primavera, un gran numero di girini. Inoltre tali zone melmose sono molto frequentate da diverse specie di mammiferi individuati grazie alle tracce lasciate nel fango. Le insenature sono anche le mete preferite dai pescatori e dai turisti in genere, con il conseguente impatto che ne deriva.

Lungo la seconda insenatura nella parte meridionale si è proceduto con l’esplorazione di una zona (al di là del ponte lungo la strada sterrata) che non rientra nel SIC e che risulta essere molto interessante. La macchia si estende sulle pendici dell’insenatura e diventa molto fitta in prossimità delle sponde. Qui sono state ritrovate diverse specie di orchidee (omini, serapide lingua, ofride di bortoloni).

Lungo la sponda settentrionale del lago è da menzionare la notevole presenza di Juniperus oxicedrum al di fuori della fascia boschiva.

La capacità d’invaso del lago a fine estate si riduce del 20 – 30 % in seguito ai prelievi idrici: infatti, le specie arboree ritrovate parzialmente sommerse nei precedenti rilievi primaverili sono emerse e risultano circondate da un prato spontaneo caratterizzata principalmente da Agrostis stolonifera, Paspalum disticum, Cyperus longus, Carex paniculata, Cydolon dactilon; il prato viene spesso utilizzato dagli allevatori locali per il pascolo di ovini e bovini.

Per la natura argillosa del terreno e i ripetuti dissesti idrogeologici alcuni tratti di bosco sono scomparsi lasciando spazio a dune dove sono presenti prevalentemente specie argillofile quali Atriplex halimus, Ampelodesmos mauritanicus. Solo in alcune insenature è da segnalare la presenza di piante igrofile quali Arundo donax, Juncus acutus.

L’area SIC che comprende la collina di Timmari si estende principalmente dal versante che dalla sommità del colle degrada verso il lago, caratterizzando la seguente espressione vegetazionale:

  • sulla sommità è presente il villaggio rurale,  piccole abitazioni con annessi suoli agricoli coltivati a frutteto, olivo, cereali, intervallati da una fitta rete di strade interpoderali, radure probabilmente destinate a pascolo ed ampi tratti di gariga con cisti (C. incanus e C. salviifolia), Stipa austroitalica (elencata nell’allegato II della Direttiva 92/43/CEE), Foeniculum vulgare,  Cytisus scoparius, Juniperus oxicedrus;
  • lungo il versante  è presente un fitto rimboschimento di conifere con Pinus halepensis e Cupressus sempervirens; lo strato arbustivo invece è occupato dalle sclerofille; al bosco si alternano tratti di coltivi, in cui sono stati censiti tre alberi monumentali (Populus nigra) di cui uno morto, mentre lungo i canali naturali di scolo delle acque è presente una fitta vegetazione di macchia mediterranea a prevalenza di Pistacia lentiscus, Rhamnus alaternus e Phyllirea sp.

E’ da segnalare con particolare interesse, anche se al di fuori dell’attuale area protetta (ma inserita nella perimetrazione proposta) è la presenza di un fitto bosco ceduo relittuale a Quercus ilex e Quercus pubescens in cui è stato anche osservato un esemplare di Quercus amplifolia. Tale bosco, è da far rientrare nell’area SIC perché rappresenta l’ultimo esempio rimasto, insieme ad alcune zone della vicina collina di Picciano, del paesaggio forestale che interessava  i territori circostanti, prima che l’agricoltura, il disboscamento ed il successivo rimboschimento con specie aliene mutassero notevolmente il paesaggio.

 

Sito di notevole interesse anche per la contiguità con l’ambiente della gravina che ospita numerosi rapaci. Il lago artificiale, circondato da una fascia arborea di rimboschimento a Pino d’Aleppo e Eucalipti, è diventato meta di numerose specie dell’avifauna migratoria e della lontra. Nonostante la stretta relazione esistente tra le attività umane e l’ambiente naturale, gli habitat qui presenti sono preservati in maniera idonea al mantenimento delle specie selvatiche.

Le zone più importanti del sito sono quelle dove le acque sono quasi ferme, quindi le varie insenature e la zona a monte dello sbarramento dove il fiume confluisce nel lago; queste zone si accomunano per l’abbondante biodiversità presente sia in termini floristici che faunistici; infatti la maggior parte delle specie protette e quelle caratterizzanti i vari habitat sono state ritrovate in tali zone. Importante è a nostro avviso anche la sommità del colle Timmari perché presenta piccole zone che da un punto di vista botanico e forestale hanno preservato importanti specie autoctone (tra cui la Stipa austroitalica) caratterizzanti il territorio.

N.B: questa sezione è stata arricchita con le indicazioni presenti in bibliografia:

- Risorsa Natura in Basilicata vol. 5-6, 1996 Copyright © Consiglio Regionale della Basilicata: “L’OASI WWF DI SAN GIULIANO” pp. 93-93

            “I COLEOTTERI IN BASILICATA” pp. 165-170

            “I LEPIDOTTERI IN BASILICATA” pp.171-180

            “SPECIE RARE E PROTETTE DELL’AVIFAUNA DI BASILICATA” pp. 197-202

- Oasi di San Giuliano (MT) contributo conoscitivo, WWF Italia – coop. ELCE 1991

 

Inoltre, l’elenco è stato sottoposto all’attenzione del sig. Visceglia Matteo, esperto conoscitore dell’Oasi WWF di San Giuliano, al fine di confermare la presenza delle specie indicate (soprattutto l’avifauna) in quanto le pubblicazioni indicate non sono molto recenti. Di seguito sono riportate quelle specie di notevole interesse inserite nelle sezioni precedenti, frutto di osservazioni personali del sig. Visceglia Matteo (com. pers.):

  1. 1.    Pelecanus onocrotalus
  2. 2.    Phoenicopterus ruber
  3. 3.    Bubulcus ibis
  4. 4.    Mergus albellus
  5. 5.    Otis tarda
  6. 6.    Falco columbarius
  7. 7.    Falco eleonorae
  8. 8.    Circus macrourus
  9. 9.    Dendrocopos minor

 

Per Otis tarda è stata pubblicata una nota i cui estremi sono:- VISCEGLIA M., FRANCIONE M., NITTI A., 2001 - Prima segnalazione di Otarda Otis tarda in Basilicata. In ALULA, Vol. VIII.

Di rilievo si segnala la prima nidificazione di Cormorano a partire dal 2007, nota in corso di pubblicazione su “Uccelli d’Italia” vol. XXXIV:

Negli anni 2007 e 2008, nell’invaso artificiale di San Giuliano (MT), tre coppie di Cormorano Phalacrocorax carbo si sono riprodotte, utilizzando gli stessi nidi, costruiti su un gruppo di Tamarix gallica emergenti dall’acqua. Queste rappresentano le prime nidificazioni della specie in Basilicata.

 

Tutta l’area del SIC risulta essere notevolmente antropizzata, pertanto presenta condizioni di notevole vulnerabilità. La causa principale è da imputare alle attività agro-pastorali che si ripercuotono negativamente sull’ambiente con evidenti segni di degrado. L’eccessivo calpestio degli animali al pascolo, soprattutto in aree di notevole interesse naturalistico come le sponde del lago, limita la rinaturalizzazione delle sponde e crea disturbo alla specie selvatiche. L’uso di agenti chimici e di mezzi meccanici in agricoltura contribuisce all’inquinamento dell’aria, del suolo e anche dell’acqua del lago.

Sulla collina di Timmari, per i suoi versanti più scoscesi e difficilmente raggiungibili, la presenza umana è limitata a poche aree anche se è più persistente per la presenza di villini e molti campi coltivati.

I segni dell’uomo risultano ancora più evidenti quando legati alle attività ricreative svolte all’interno della zona protetta (turismo, campeggi, escursionismo, pesca sportiva): rifiuti, segni di pneumatici e tracce di fuochi sono molto evidenti nell’area a ridosso del lago.

Anche l’uso del lago come riserva idrica per scopi irrigui e agricoli, con conseguente calo della capacità di bacino soprattutto nella stagione estiva contribuisce a minare gli equilibri naturali.

Inoltre, recentemente è stata sponsorizzata l’iniziativa programmata per il giorno 27 febbraio 2010 nella città dei sassi, della Lega Navale di Matera, per promuovere gli sport nautici nell’area protetta. Pertanto la OLA (Organizzazione Lucana Ambientalista) ha invitato la Provincia di Matera ad annullare, in regime di autotutela, la Deliberazione del Consiglio Provinciale n. 29 del 31/03/2009, e di sospendere anche ogni iniziativa tesa a consentire un utilizzo improprio dell’area protetta al fine di non incorrere in pesanti e possibili sanzioni da parte dell’Unione Europea, derivanti dall’apertura di procedure di infrazione3.